<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La scuola che cambia

Il boom dei professionali. «Antidoto contro la dispersione scolastica»

Istituti vocati ai mestieri: «Valorizzano talento e competenze manuali». Preoccupa il calo demografico: «Occorre attirare professionalità e anche studenti dall’estero»
Le scuole professionali a Vicenza hanno registrato un boom di iscrizioni
Le scuole professionali a Vicenza hanno registrato un boom di iscrizioni
Le scuole professionali a Vicenza hanno registrato un boom di iscrizioni
Le scuole professionali a Vicenza hanno registrato un boom di iscrizioni

Valorizzare le competenze e il talento manuale come antidoto alla dispersione scolastica e al fenomeno dei Neet (i ragazzi che non studiano e non lavorano. Scegliere un percorso scolastico professionale o tecnico - senza etichettarlo come inferiore ai licei, luogo comune che per lungo tempo ha resistito - significa anche questo.  E cioè «trovare valore e soddisfazione, negli anni della scuola e in quelli successivi del lavoro, perché si vedono riconosciute le proprie capacità “pratiche”, la propensione ad attività tecniche che magari non coincidono con lo studio classico sui libri».

Il boom delle scuole professionali

Così Lara Bisin, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega al Capitale umano, legge la notizia del balzo delle iscrizioni agli istituti professionali per il prossimo anno. Un dato (1.323 gli iscritti rispetto ai 1.285 dell’anno passato) «che accogliamo con grande soddisfazione anche perché particolarmente significativo nel Vicentino, molto più che in altre province venete», rileva Bisin.

Il Vicentino riferimento per la formazione professionale

L’area berica insomma, con il suo saldo tessuto imprenditoriale e la sua storica vocazione manifatturiera, va delineandosi sempre più come polo di riferimento per la formazione professionale e tecnologica, alle superiori come nel post diploma.
«Si sta comprendendo finalmente che anche questi percorsi sono percorsi di valore, che aiutano i ragazzi portati per determinate discipline e aree ad essere valorizzati, evitando così che cresca la piaga della dispersione e dell’abbandono scolastico, finendo poi per ingrossare le fila dei Neet», prosegue Bisin. 

Senza contrapposizioni tra istituti: «Con i nostri progetti di orientamento cerchiamo solo di far conoscere tutte le possibilità».
Ma per raggiungere un traguardo così importante (i dati sulle iscrizioni sono stati diffusi nei giorni scorsi dall’Ufficio scolastico provinciale) significa anche, considera la vicepresidente di Confindustria, «che il modo di raccontare il manifatturiero sta funzionando e che sta passando, tra giovani e famiglie, il messaggio giusto: e cioè che lavorare in azienda non vuol dire solo “fare pezzi”, ma farlo in un certo modo, con uno specifico e prezioso know how».

Masotto di Noventa e Einaudi di Bassano; il modello “4+2” del Ministero 

Merito anche di esperienze come quella del Masotto di Noventa o dell’Einaudi di Bassano, che hanno aderito al modello “4+2” del Ministero dell’istruzione e del merito. Un format che consente di ottenere in quattro anni il diploma di scuola secondaria di secondo grado e di procedere poi, eventualmente, con i due anni del biennio post diploma degli Its. Opzioni utili e innovative ma che, precisa Bisin, «funzionano solo se c’è una programmazione condivisa con gli Its di riferimento e se si è in grado di mantenere la qualità dell’istruzione anche riducendo le annualità».

Qualità che, del resto, è uno dei punti di forza della scuola - e dell’università - italiana. «Non dimentichiamo mai che il nostro sistema scolastico è tra i migliori al mondo e anche su questo bisogna puntare se vogliamo attrarre giovani interessati a formarsi qui ma poi anche a restare, per lavorare».
 

Leggi anche
Aule sempre più vuote: persi 550 alunni in un anno. E le scuole si accorpano

 

La vicepresidente di Confindustria

La vicepresidente di Confindustria si collega così ad un’altra tematica cruciale e attuale: il calo demografico e, a cascata, la perdita di manodopera e figure professionali.  «Il dramma vero è proprio l’aspetto demografico, perché mancano i numeri e questo ci obbliga ad una riflessione sull’importazione di competenze che siano già formate sui territori di partenza», sottolinea Bisin.
Oltre a fornire preparazione nei Paesi di origine delle nuove classi di lavoratori, per Bisin occorre rendere attrattivi i percorsi scolastici italiani. «Invece di lasciar andar via i nostri ragazzi, farne venire altri qui da noi». 

Giulia Armeni

Suggerimenti