Le urla, le pugnalate e l’insulto che il killer ha rivolto alla vittima quando era già morta. Il cellulare di Marianna Sandonà, uccisa l’8 giugno a Montegaldella dall’ex fidanzato Luigi Segnini con 19 fendenti, ha registrato tutto quanto.
La tragedia è rimasta impressa nella memoria del telefonino che la donna nascondeva in una tasca, perché non si fidava dell’uomo con il quale aveva convissuto fino a un mese prima. Per questo la malcapitata aveva pure chiesto a Paolo Zorzi, suo collega e amico, di fare da testimone mentre lei restituiva gli ultimi oggetti all’ex compagno. Un timore fondato. Quel giorno Segnini ha infatti messo fine alla vita della donna e tentato di fare altrettanto con il suo amico per poi rivolgere l’arma pure contro di sé.
Sei mesi dopo, il pubblico ministero Hans Roderich Blattner ha chiuso le indagini e si avvia a chiedere il rinvio a giudizio di Segnini con le accuse di omicidio e tentato omicidio aggravati dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla crudeltà. In caso di condanna, l’assassino rischia dunque l’ergastolo.