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Salvato in tribunale dai partigiani

Il tribunale di Borgo Berga, dove Luccarda è stato assolto dopo una decina di udienze
Il tribunale di Borgo Berga, dove Luccarda è stato assolto dopo una decina di udienze
Il tribunale di Borgo Berga, dove Luccarda è stato assolto dopo una decina di udienze
Il tribunale di Borgo Berga, dove Luccarda è stato assolto dopo una decina di udienze

Salvato in tribunale dai partigiani. No, non era un processo per fatti della Resistenza, ma un dibattimento per una singolare accusa di falso legata ad una tettoia. Ma i combattimenti dei giovani volontari che si accampavano fra i boschi dell’alta valle dell’Agno per fronteggiare i tedeschi hanno avuto un peso significativo nella vicenda giudiziaria, che ha visto, dopo un lungo dibattimento, iniziato due anni e mezzo fa e snodato attraverso quasi una decina di udienze, il giudice Bordoni assolvere, perché il fatto non costituisce reato, Gianluca Luccarda, 67 anni, di Recoaro. È prevalsa dunque la linea della difesa, con l’avv. Nicola Mele. L’imputato, con un altro recoarese che nel frattempo è deceduto, alcuni anni fa aveva ricevuto un decreto penale di condanna chiesto e ottenuto dal pubblico ministero Pipeschi. Gli venivano contestate due ipotesi di falso: l’8 maggio del 2014 Luccarda avrebbe, nell’ambito di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà presentate al Comune di Recoaro, raccontato una bugia. Quale? Che un ripostiglio agricolo, addossato ad un fabbricato rurale in località Capitello dei Branchi in paese, poi in uso a Giuseppe Pezzelato, era stato costruito prima del settembre del 1967. La dichiarazione serviva a dimostrare che, essendo stato costruito prima dell’entrata in vigore della legge sui beni paesaggistici e ambientali, non rappresentava un reato e quindi poteva stare lì. Era l’epoca, a Recoaro, dei controlli sui capanni da caccia e i carabinieri forestali avviarono verifiche sulle dichiarazioni di Luccarda e del presunto complice. Gli inquirenti trovarono, negli archivi del Comune, otto fotografie dell’epoca e della zona; e ritennero che il ripostiglio, una vecchia tettoia, non ci fosse. Così denunciarono i due che si videro arrivare il decreto penale, con l’ipotesi di aver dichiarato il falso davanti al dipendete comunale. Luccarda, certo della sua innocenza, decise però di opporsi e di farsi processare. In aula sono stati ascoltati diversi testimoni, fra cui l’architetto Luna, responsabile dell’ufficio tecnico comunale, che ha smentito la ricostruzione dei militari, sostenendo che c’era molta vegetazione in quelle foto, fra cui piante piuttosto alte: era impossibile distinguere se sotto ci fosse o meno la tettoia contestata. Ma soprattutto è stato ascoltato un anziano, un recoarese di 87 anni, il quale ha riferito che lui, a 13 anni, nel 1944-1945, portava qualcosa da mangiare ai partigiani, che si riparavano sotto quella tettoia. La quale, per l’appunto, c’era già alla fine della Seconda guerra mondiale, e pertanto c’era sicuramente anche nel settembre del 1967. Assolto: aveva detto la verità. Lo ha confermato la storia. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Diego Neri

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