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Le mani dei grandi della fisarmonica finiscono al museo

Gli amministratori locali e ospiti al taglio del nastro del museo. L.CRI.Elio Bertolini tra le bacheche che espongono materiali e reperti.   L.CRI.La fisarmonica del maestro Gervasio Marcosignori. L.CRI.
Gli amministratori locali e ospiti al taglio del nastro del museo. L.CRI.Elio Bertolini tra le bacheche che espongono materiali e reperti. L.CRI.La fisarmonica del maestro Gervasio Marcosignori. L.CRI.
Gli amministratori locali e ospiti al taglio del nastro del museo. L.CRI.Elio Bertolini tra le bacheche che espongono materiali e reperti.   L.CRI.La fisarmonica del maestro Gervasio Marcosignori. L.CRI.
Gli amministratori locali e ospiti al taglio del nastro del museo. L.CRI.Elio Bertolini tra le bacheche che espongono materiali e reperti. L.CRI.La fisarmonica del maestro Gervasio Marcosignori. L.CRI.

Un museo unico al mondo nel suo genere, quello che è stato inaugurato a Recoaro. È questa la caratteristica principale del “Museo internazionale impronte dei grandi della fisarmonica”, che nei giorni scorsi ha visto presenti in paese per l’evento i protagonisti di quanto è legato alla fisarmonica, siano essi musicisti o docenti, siano amministratori dei Comuni legati con lo strumento, come Castelfidardo e Camerano. A ribadire con orgoglio l’unicità del museo è uno dei fondatori, il recoarese Elio Bertolini, direttore del centro didattico musicale italiano, che, con grande entusiasmo, fa da Cicerone ai visitatori. Dopo che dal 1992 nella cittadina termale si susseguivano i raduni nazionali dei veterani della fisarmonica, i musicisti Bio Boccosi di Ancona e Gervasio Marcosignori di Castelfidardo con Bertolini pensarono a qualcosa di innovativo che si potesse realizzare a Recoaro, qualcosa di unico. Fu di Boccosi l’idea nel 1997 di un museo nel quale esporre i calchi della mano destra dei grandi fisarmonicisti. «All’inizio a Recoaro l’idea non fece proseliti, le persone, amministratori compresi, erano scettici, forse in buona fede non ne capivano appieno il valore -ricorda Bertolini -. Feci mille peripezie anche per trovare una sede: la prima era alla scuola elementare, poi mi sono spostato in uno spazio sopra il Caffè Nazionale per finire alla casetta del parco che con gli anni era diventata, più che un piccolo museo, un magazzino perché strapiena di calchi e oggetti». Altro problema che Bertolini dovette affrontare fu come realizzare il calco: «Non fu facile trovare il materiale adatto che deve durare a lungo per evitare che l’impronta si rovini con il passare del tempo. Proprio per questo mi rivolsi a un dentista del luogo che mi consigliò la pasta che usano i medici per il calco dei denti. Grazie alle capacità di decoratore di mio fratello iniziammo a ricoprirle con una foglia di oro zecchino: così assumono un grande valore». Le prime impronte raccolte furono quelle dei fondatori Boccosi, Marcosignori e Bertolini e di Peppino Principe. L’originalità del museo si deve al fatto che ogni personaggio che lascia il calco della mano si impegna a non farlo in altri luoghi, deve rimanere un pezzo unico. «Molti artisti sono venuti a Recoaro, altri li ho raggiunti con il materiale per portare a casa il prezioso calco - racconta Bertolini -. È il caso del giapponese Yasushiro Kobayashi, fisarmonicista e compositore che è famoso in patria come può essere in Italia Ennio Morricone. C’è stato poi Michele Corino, dell’orchestra Angelini della Rai. Purtroppo con Gorni Kramer non sono riuscito ad arrivare in tempo. Lo avevo contattato per telefono, lo avrei raggiunto a casa sua entro una settimana perché non stava bene ma morì dopo pochi giorni». Nel museo trovano spazio anche strumenti: «La fisarmonica di Wolmer Beltrami che ci è stata donata dalla figlia, quella di un giovane Marcosignori che aveva suonato davanti a Mussolini e manoscritti di grandi autori come Franco Alfano che scrisse la parte finale della Turandot di Puccini». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luigi Cristina

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