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La norma sblocca-edilizia rilancia i vecchi immobili

Una veduta dall’alto di Valdagno: varato lo “sblocca-edilizia”
Una veduta dall’alto di Valdagno: varato lo “sblocca-edilizia”
Una veduta dall’alto di Valdagno: varato lo “sblocca-edilizia”
Una veduta dall’alto di Valdagno: varato lo “sblocca-edilizia”

Arriva una norma per sbloccare il mercato edilizio dell’usato. Una parete che non c’è più, una finestra un po’ più grande rispetto alle carte, un cambio di volumetria perché la soletta è stata realizzata di qualche centimetro in meno. E fintanto che non si deve vendere casa, ampliare l’appartamento o ristrutturare la villetta il problema non viene a galla. Ma quando si decide di fare uno di questi passi e l’edificio è stato costruito nei decenni del boom del mattone, ovvero tra il 1950 e gli anni Settanta, scatta una sanatoria da migliaia di euro che finora ha fatto desistere molti dai propri intenti. Oggi, con il nuovo articolo del regolamento approvato all’unanimità dal consiglio comunale alla fine dello scorso mandato, uscirà dal ginepraio creato da un vuoto normativo. La città laniera è una delle poche in Italia dove si è arrivati ad approvare il quarto piano regolatore. Già nel 1951, il piano “Marconi” disciplinava l’urbanistica valdagnese anche fuori dal centro. Oltre alla licenza edilizia era necessaria una dichiarazione di agibilità, a costruzione avvenuta, per la conformità igienico-sanitaria e quella urbanistica. Almeno fino al 1977. Da lì in poi una serie di interpretazioni giurisprudenziali ha deciso che il secondo documento serviva solo dal punto di vista igienico-sanitario. Ma il 1977 fa da spartiacque anche per l’obbligo di dichiarare le variazioni in fasi di lavori: prima non c’era. Ecco allora che decine di edifici si sono trovati ad essere “fuori norma” senza che il proprietario lo sapesse con l’assessorato all’urbanistica, negli ultimi anni, sommerso di richieste d’aiuto per uscire dallo stallo che non permetteva, se non pagando fior di quattrini, di sbrogliare la matassa. In certi casi la richiesta non era nemmeno sanabile. E se all’epoca bastava avere in mano l’agibilità, oggi è necessaria anche la conformità alla licenza edilizia originaria, ovvero il progetto approvato allora deve rispondere all’esistente. Ma non essendo al tempo obbligatoria la dichiarazione di variante in molti casi gli edifici sono agibili, ma non uguali al progetto definitivo e quindi oggi fermi sul mercato. Per risolvere l’impasse che ha bloccato una serie di ristrutturazioni il Comune, con gli ordini professionali, si è rivolto a un legale di Bologna che ha individuato una via sperimentale. E facendo leva sul principio del legittimo affidamento, per cui il cittadino che in buona fede è convinto di essere in regola deve essere tutelato, e forti della legge regionale sul contenimento del suolo che invita a recuperare gli edifici esistenti, si è inserito nel regolamento edilizio l’articolo 26 bis “tolleranze esecutive sugli interventi edilizi”: se il proprietario di un immobile costruito prima del ’77 ha in mano una certificazione di abitabilità o agibilità, o entrambe, e la planimetria valide per l’epoca le piccole differenze vengono tollerate e non sarà più necessario procedere con sanatorie. Una soluzione, tra le prime in Italia, che spianano la strada alla filosofia del riutilizzo dell’esistente, da tempo adottata in città. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

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