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Neonato muore a 15 giorni dal parto

Il reparto neonatale dell’ospedale Alto vicentino: il bambino era nato a Santorso.  STELLA
Il reparto neonatale dell’ospedale Alto vicentino: il bambino era nato a Santorso. STELLA
Il reparto neonatale dell’ospedale Alto vicentino: il bambino era nato a Santorso.  STELLA
Il reparto neonatale dell’ospedale Alto vicentino: il bambino era nato a Santorso. STELLA

Matteo Carollo Franco Pepe Si è spento dopo 15 giorni di vita, nonostante le cure e gli sforzi dei medici. Non ce l'ha fatta, il bimbo di una giovane coppia di Schio nato all’ospedale di Santorso lo scorso 22 giugno: il piccolo è spirato al San Bortolo di Vicenza, dove era stato trasferito in seguito alla necessità di un supporto ventilatorio. Il bambino, spiega l’Ulss 7, era venuto alla luce con un parto cesareo, effettuato a 36 settimane dopo una diagnosi di pre-eclampsia nei confronti della madre. Sono giorni di grande dolore, per i genitori e familiari e conoscenti. In base alle ricostruzioni, la mamma del bimbo era giunta a 36 settimane di gravidanza quando i medici dell’ospedale Alto Vicentino le hanno diagnosticato una pre-eclampsia. A quel punto, i sanitari hanno preferito procedere con un parto cesareo, avvenuto il 22 giugno. Dopo la nascita, però, si erano manifestati dei problemi, in seguito ai quali i professionisti avevano ravvisato la necessità di un supporto ventilatorio. Di qui la decisione del ricovero a Vicenza. «Gli esami ai quali il neonato era stato sottoposto prima del trasferimento, volti ad individuare eventuali infezioni, erano risultati tutti negativi - precisa l'Ulss 7 - e il trasferimento stesso era stato disposto solo per la necessità di supporto ventilatorio». Nella notte tra il 23 e il 24 giugno, quindi, il piccino, primogenito della coppia scledense, è stato trasferito in emergenza in ambulanza alla terapia intensiva neonatale del San Bortolo. Il batuffolino aveva evidenziato uno stato di grave insufficienza respiratoria. «Una condizione - spiega il primario di pediatria Massimo Bellettato - spesso strettamente connessa a un quadro di sospetta infezione». Difficile ventilarlo. Da qui il trasferimento in un reparto superspecialistico come quello del San Bortolo che ogni anno accoglie oltre 400 neonati in situazioni critiche, e dove il neonato è stato subito intubato in una culla termostatica di ultima generazione con il supporto del respiratore artificiale, mentre in tempo reale si è provveduto a una emocoltura per accertare la eventuale presenza di un’infezione. E l’esame ha, purtroppo, confermato il sospetto. Drammatico il responso del San Bortolo: un germe killer, cinico quanto particolarmente aggressivo. Da quel momento è iniziata, da parte del team della patologia neonatale, un pool di pediatre e infermieri di riconosciuta e comprovata preparazione professionale, una serrata ma difficilissima lotta per arginare una sepsi che si è dimostrata subito violenta, generalizzata, inarrestabile. L’infezione si è estesa dai polmoni ai reni, compromettendo gradualmente tutti gli organi. I medici intensivisti della neonatologia, sotto la guida del dottor Bellettato, hanno tentato di tutto per salvarlo, ricorrendo anche al Carpediem, il rene artificiale in miniatura tecnologica a suo tempo creato nella nefrologia del professor Claudio Ronco, ma la battaglia si è rivelata impari. E anche loro, affranti, si sono dovuti arrendere. Nella mattinata del 7 luglio, una decina di giorni dopo il suo ricovero al San Bortolo, il piccolino appena sbocciato si è spento. «Un dolore immenso per tutti - dice il primario -, quando uno di questi bambini, anche se una patologia del genere non concede alcuna possibilità, non ce la fa. I genitori hanno capito. Ci siamo stretti a loro». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Carollo Franco Pepe

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