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In cella la banda degli usurai: 39 le vittime

Il tenente Rizzello e il tenente colonnello Rizzo della guardia di finanza che ha seguito l’indagine. COLORFOTO
Il tenente Rizzello e il tenente colonnello Rizzo della guardia di finanza che ha seguito l’indagine. COLORFOTO
Il tenente Rizzello e il tenente colonnello Rizzo della guardia di finanza che ha seguito l’indagine. COLORFOTO
Il tenente Rizzello e il tenente colonnello Rizzo della guardia di finanza che ha seguito l’indagine. COLORFOTO

Per la comunità filippina che vive fra le valli del Leogra e dell’Agno erano diventati un punto di riferimento. A loro si rivolgevano per avere quattrini, dati in prestito però con interessi da usura. È la convinzione della procura, che con il pubblico ministero Claudia Brunino ha chiesto e ottenuto quattro ordinanze di custodia cautelare che sono state firmate dal giudice Barbara Maria Trenti. L’altra mattina, i finanzieri della tenenza di Schio hanno accompagnato in carcere la badante filippina Ma Teresita Dela Rosa, 51 anni, residente a Schio in via Priaforà, e l’operaio bangladese Nurul Absar, 43, di Schio, piazza Almerico Da Schio. Hanno invece l’obbligo di firma quotidiano in caserma Charito Batol, 49 anni, filippina, sorella di Dela Rosa, e il marito di Charito, il pensionato Giuseppe Dalla Fiore, 62 anni, entrambi residenti a Malo in via Santa Maria. È indagato, in stato di libertà, anche loro figlio Gianluigi, 29 anni. Tutti, a parte quest’ultimo, accusato solo di usura, sono indagati anche per estorsione, perchè avrebbero minacciato le loro vittime. L’operazione “Pecunia”, condotta dai finanzieri del tenente Stefano Rizzello, era scattata un anno fa, quando una filippina in grosse difficoltà economica si era rivolta in caserma a Schio. Aveva raccontato di aver ricevuto da Absar nel 2015 4.300 euro in prestito; in virtù di un contratto sottoscritto con Dela Rosa, aveva dovuto restituire una cifra molto più alta, con un interesse mensile del 10 per cento. I militari avevano compiuto una perquisizione, trovando a casa di Dela Rosa, che viveva con un anziano di Schio di cui era badante, un quaderno pieno di appunti, nomi e cifre. In quel mentre era entrata una donna, che era venuta a saldare una rata; e Teresita era stata arrestata in flagranza. Da Absar, invece, i finanzieri avevano trovato 10 mila euro. Le indagini erano proseguite, ma era continuata secondo l’accusa anche l’attività illecita; Teresita, tornata libera, aveva proseguito a incassare le rate. Complessivamente, sono state identificate 39 persone, fra cui qualche italiano e filippini giunti anche dall’Umbria, che hanno spiegato di aver ricevuto prestiti con tassi elevatissimi, fino al 215 per cento. È il sistema “five-six”, che prevede interessi via via più alti a seconda del tempo impiegato per restituire la quota capitale. Non solo. Dalle testimonianze raccolte è emerso che diverse vittime erano state minacciate; o gli arrestati trattenevano i loro documenti fino alla restituzione, o spiegavano che non avrebbero più ricevuto il rinnovo del permesso di soggiorno, o ancora che avrebbero fatto saltare le loro famiglie. «Dico a tuo marito che chiedi soldi in giro». Un ruolo, sia nel trovare nuove vittime sia nel minacciare i clienti, lo avrebbe avuto anche la coppia Batol-Dalla Fiore, per la quale la procura aveva chiesto i domiciliari, negati dal giudice. Mentre il figlio Gianluigi si sarebbe limitato a prestare dei soldi con il consueto meccanismo illecito. Absar (difeso dall’avv. Paolo Spagnolo) e Dela Rosa (avv. Nicola Matteo Sartore) saranno interrogati e potranno difendersi. Da quanto emerso, negano le forza le minacce e l’estorsione. «Gli indagati sono risultati essere molto pressanti nelle richieste di danaro - ha precisato il tenente colonnello Giuseppe Rizzo -, le vittime si sentivano soggiogate psicologicamente». Dal 2015 la banda aveva prestato 165 mila euro, incassandone 72 mila di interessi; somma che ora sarà sequestrata. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Diego Neri

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