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Il tribunale boccia il concordato Omba

La sede della Omba a Torri di Quartesolo in via Della Croce 10
La sede della Omba a Torri di Quartesolo in via Della Croce 10
La sede della Omba a Torri di Quartesolo in via Della Croce 10
La sede della Omba a Torri di Quartesolo in via Della Croce 10

Il tribunale di Vicenza ha bocciato il concordato preventivo della “Omba impianti & engeneering spa”, travolta da debiti per 68 milioni di euro. La famiglia imprenditoriale Malacalza di Genova un anno fa, con la costituzione della Acom srl, aveva cercato di riportarla sotto il proprio controllo. La clamorosa decisione del collegio presieduto da Giuseppe Limitone (giudice estensore Luca Ricci) è maturata dopo che sono cambiati i pesi nell’assemblea dei creditori. Essa due mesi fa aveva dato il via libera al concordato con il 51,1% pari a 20,1 milioni, a fronte di crediti totali ammessi per 39,4 milioni. Determinante è stata la riammissione del credito di 1,9 milioni del Credit Agricole inizialmente escluso dal commissario giudiziale Alessandro Caldana. Gli avvocati Paolo Pototschnig e Riccardo Giojelli di Milano per conto della banca francese, e l’avvocato Fabio Sebastiano di Vicenza per un ulteriore credito di 1,2 milioni di Mps, hanno presentato ricorso rivendicando la piena legittimazione al voto. Il tribunale ha dato loro ragione, riformulando la maggioranza dei crediti necessari per l’omologazione del concordato in 20,6 milioni. La soglia, perciò, è stata mancata per 500 mila euro, essendo stato innalzato a 41,3 milioni il totale dei crediti ammessi. Inutilmente la Omba in liquidazione con gli avvocati Giacomo Viotti, Andrea Cassottana, Francesco Doria Lamba, Giovanni Tretti e Francesco Barilà, l’11 aprile scorso aveva tentato di non far entrare nel passivo ammesso gli ulteriori crediti perché sarebbe stato impossibile raggiungere il quorum previsto dalla legge. Fatale è stato quello che in gergo si chiama “mandato di credito”, sottoscritto da Omba su un prestito da 2 milioni fornito alla controllata Consorzio Orano di Pordenone, cui aveva dato le garanzie. Nel momento in cui il Credit ha chiesto il rientro e il Consorzio non è stato in grado di onorare il debito, quest’ultimo si è ribaltato sulla Omba in qualità di fidejussore. Affondandola. Perché Credit Agricole e Mps hanno votato contro il concordato che mira al salvataggio della storica società di Torri di Quartesolo, in via Della Croce, amministrata dall’ing. Carlo Di Paolo e specializzata in carpenteria pesante e infrastrutture in acciaio? Perché trattandosi di un “contratto preventivo con assuntore”, la Acom amministrata dal genovese Emanuele Lertora, e controllata al 100% dalla finanziaria Hofima dei Malacalza (il padre Vittorio e i figli Davide e Anna), si impegnava a rilevare l’attivo versando il 20% dei crediti chirografari, e il pagamento di quelli privilegiati e di quelli in prededuzione per altri 10 milioni complessivi. In tutto sarebbe stato un esborso sui 25 milioni, che la maggioranza dei creditori a queste condizioni non ha ritenuto conveniente. C’è da ricordare che con la riforma del 2015 della legge sul concordato, viene resa di fatto obbligatoria la gara competitiva. Nel caso del concordato con assuntore, invece, quest’ultimo si impegna a rilevare tutte le obbligazioni, accollandosi l’intero passivo senza gara. Che cosa succederà a giugno all’udienza in cui verrà valutata l’insolvenza da 47 milioni di euro (68 milioni di passivo e 21 milioni di attivo) con la comparizione anche del procuratore della Repubblica e dei creditori che hanno presentato istanza di fallimento? Dipenderà dalla proposte, forse un ulteriore piano concordatario qualora i Malacalza decidessero di alzare la posta. L’alternativa sarebbe il fallimento. Il commissario giudiziale Caldana il 18 gennaio scriveva che nessun piano di liquidazione diverso dal concordato può portare a risultati migliori. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ivano Tolettini

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