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Guerra con i droni alle alghe del lago

I droni in azione al lago di Fimon non volano ma naviganoI ricercatori che hanno utilizzato i droni per i test locali. NICOLI
I droni in azione al lago di Fimon non volano ma naviganoI ricercatori che hanno utilizzato i droni per i test locali. NICOLI
I droni in azione al lago di Fimon non volano ma naviganoI ricercatori che hanno utilizzato i droni per i test locali. NICOLI
I droni in azione al lago di Fimon non volano ma naviganoI ricercatori che hanno utilizzato i droni per i test locali. NICOLI

I droni utilizzati per il monitoraggio dei laghi. I ricercatori del dipartimento di informatica dell’Università di Verona e i tecnici di Arpav hanno sperimentato nei giorni scorsi la funzionalità di questa strumentazione acquatica al lago di Fimon ad Arcugnano. Dove, così come già testato al lago del Frassino nel Veronese, hanno calato nell’acqua due droni, ognuno con diverso sistema di propulsione, per verificare la funzionalità degli stessi nel monitorare uno specchio d’acqua con vegetazione in superficie. Una sperimentazione che rientra nel progetto europeo Intcatch 2020, una ventina di partner in tutta Europa tra cui l’Università di Verona, per valutare quali siano le migliori strumentazioni e tecnologie in grado di monitorare i laghi. Lo specchio d’acqua di riferimento in Italia è il lago di Garda e quello di Fimon è servito, con risultati positivi, per un primo test di raccolta dei parametri e per valutare se la vegetazione presente in superficie, una naturale proliferazione di alghe e ninfee in questo periodo, potesse rappresentare un problema nell’utilizzo dei droni. «Si tratta di due strumenti da un metro e 20 per 50 centimetri di larghezza facili da trasportare e da mettere in acqua – spiega Alessandro Farinelli, docente associato del Dipartimento di informatica dell’Università di Verona e responsabile dell’unità al lavoro sul progetto – droni che sono in grado di eseguire misurazioni e raccolta dati in autonomia. Sul lago di Fimon abbiamo spaziato in tutta la superficie, dal punto di accesso a quello di campionamento utilizzato solitamente da Arpav e poi verso nord». Ad Arcugnano al lavoro, oltre che il prof. Farinelli e Jason Blum dell’università, tre tecnici di Arpav. «Abbiamo monitorato l’acqua in superficie – continua Farinelli – i droni, due tipologie di piattaforme diverse con propulsione in acqua e fuori e sensori sotto la chiglia, hanno rilevato quattro parametri fisico-chimici del lago: temperatura, ossigeno disciolto, elettroconducibilità e ph. Volevamo capire in particolare se la vegetazione presente potesse impattare sulla movimentazione dei droni, che invece hanno navigato senza difficoltà. I parametri rilevati sono risultati in linea con i dati di Arpav raccolti con strumenti tradizionali». Un progetto ad ampio raggio, che potrebbe dare ulteriori sviluppi. «L’ipotesi è di aggiungere altre misurazioni ovvero filtrare l’acqua e raccogliere dei campioni biologici per un’analisi genomica di nuova generazione, per capire che tipo di colture ci sono all’interno dell’acqua e quindi la qualità della risorsa idrica. Adesso verificheremo se ci sarà la necessità di tornare al lago di Fimon. La prima sperimentazione è stata positiva. Ci confronteremo con Arpav, che potrebbe valutare la possibilità di avere altri dati. Per ora i droni leggono le misurazioni solo in superficie ma Arpav era interessata anche alla profondità. L’attività a Fimon, anche se laterale a quella principale, è stata molto utile per valutare l’utilizzo in lago di queste nuove tecnologie». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luisa Nicoli

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