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Arzignano

Gianluca, dal coma a casa
dopo 86 giorni di ospedale

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La festa ad Arzignano per il ritorno a casa di Gianluca Molon
La festa ad Arzignano per il ritorno a casa di Gianluca Molon
La festa ad Arzignano per il ritorno a casa di Gianluca Molon
La festa ad Arzignano per il ritorno a casa di Gianluca Molon

«Per tre volte la sua vita è rimasta appesa ad un filo e ha rischiato di non farcela. Ringraziamo tutti gli angeli, a partire dal personale medico, che hanno fatto il miracolo di riportarlo a casa». Condensa così Loretta Cracco, la moglie di Gianluca Molon, l'odissea del marito che venerdì 12 giugno, dopo 86 giorni di ricovero in ospedale per Covid-19 ha potuto finalmente varcare la porta della sua abitazione e riunirsi alla compagna della vita e al figlio Enrico.

 

«Era il 12 marzo quando ho iniziato ad accusare febbre sopra ai 38 gradi», ricorda Molon, 54 anni, segno che il coronavirus non aggredisce solo gli anziani, magazziniere alla Corichem di Sarego, reduce da una seduta di fisioterapia a Lonigo e quindi stanco e con poca voce a disposizione. «La tachipirina non riusciva ad abbassare la temperatura, il 18 mia moglie mi ha portato al pronto soccorso di Arzignano e da lì non ho più rivisto i miei cari. Mi hanno fatto una lastra ai polmoni che ha evidenziato un inizio di polmonite bilaterale, il tampone è risultato positivo e mi hanno ricoverato a Vicenza. Per me è iniziato un incubo: uno che non ci passa non può capire, si entra in un'altra dimensione. I ricordi non sono nitidi, anche perché per due volte sono stato addormentato in coma farmacologico. Mia moglie invece si è annotata tutto».

 

Un incubo per chi è su un letto di rianimazione, ma anche per chi sta a casa che ogni sera attende con trepidazione la telefonata serale del medico di turno con la speranza di sentirsi dire che le cose migliorano e che invece spesso ci si sente rispondere che non è così.«La prima volta - ripercorre con la mente Loretta Cracco - Gianluca è stato intubato il 20 marzo per una settimana. Al risveglio però le cose non sono andate bene. Dopo due giorni ha avuto un altro brusco peggioramento: è stato indotto al coma farmacologico, quando dieci giorni dopo è stato svegliato ed stato necessario praticargli una tracheotomia per aiutarlo a respirare».

 

La luce in fondo al tunnel, dopo tanti giorni trascorsi tra la vita e la morte, Gianluca ha cominciato a vederla il 24 aprile. «Era in un momento critico, il quadro clinico non segnava miglioramenti. È stato deciso, anche su mia insistenza, che aveva bisogno di un supporto psicologico. Ricordo che erano le 21.30. Siamo stati collegati in video chiamata. E' stato un momento particolarissimo ma anche difficile. Prima di chiudere la comunicazione medici ed infermieri si sono affacciati alla porta per farmi coraggio. Da quel momento i suoi parametri hanno cominciato a migliorare: da allora ci siamo sentiti una volta al giorno».Gianluca Non è stato trattato con il plasma super-immune. «Credo che dapprima - conferma la moglie - sia stato seguito il protocollo di Napoli con i farmaci anti reumatoidi, ed anche in seguito la terapia è stata improntata su un cocktail di farmaci».

 

A fine maggio il trasferimento nel centro riabilitativo di Lonigo e finalmente, il 12 giugno, il ritorno a casa. Dove ad attenderlo, con striscioni e pacche sulle spalle, c'erano parenti e amici assieme al sindaco Alessia Bevilacqua accompagnata da assessori e consiglieri comunali a fargli festa. «Ringrazio tutti quanti. È stata dura - conclude Gianluca Molon - ma ce l'ho fatta. Ora devo completare la riabilitazione: sono entrato in ospedale che pesavo 83 chili, sono sceso a 63. Mi muovo con un saturimetro per misurare l'ossigenazione del sangue costantemente al dito ma ormai la strada è tutta in discesa». 

Giorgio Zordan

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