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IL DRAMMA.

Vicenza, ha stuprato sua figlia: sei anni

L'imputato ha infine ammesso dicendo di essere ammalato. Lui e sua moglie sono in terapia La ragazza vive in una struttura
Gli abusi sessuali in famiglia sono durati complessivamente 13 anni, fino al febbraio scorso. ARCHIVIO
Gli abusi sessuali in famiglia sono durati complessivamente 13 anni, fino al febbraio scorso. ARCHIVIO
Gli abusi sessuali in famiglia sono durati complessivamente 13 anni, fino al febbraio scorso. ARCHIVIO
Gli abusi sessuali in famiglia sono durati complessivamente 13 anni, fino al febbraio scorso. ARCHIVIO

VICENZA. Quasi 6 anni di carcere per aver violentato sua figlia. Ha abusato di lei, l'ha umiliata, l'ha stuprata per 13 lunghissimi anni. Ed avrebbe forse continuato, se lei non si fosse ribellata e se non fossero intervenuti i servizi sociali e liberarla da un incubo. Il papà, alla fine, lo ha ammesso: «Sì, è vero, ma sono malato e mi sto curando». Anche sua moglie, la mamma, è in terapia, dopo aver compreso - almeno in parte - anche le sue di responsabilità. Inizialmente se le era attribuite per la sua scarsa propensione al sesso, che avrebbe indotto il marito a cercare rapporti dalla figlia.
È una vicenda sconvolgente quella discussa ieri mattina in tribunale davanti al giudice Massimo Gerace. Il quale, al termine del processo con rito abbreviato, ha condannato S. Z., 55 anni, residente in città (le iniziali sono ovviamente a tutela della figlia, altrimenti riconoscibile), a 5 anni e 8 mesi di reclusione, e lo ha dichiarato interdetto legalmente durante l'esecuzione della pena e in perpetuo dai pubblici uffici. Il pubblico ministero Luigi Salvadori, che aveva ereditato lo scottante fascicolo dalla collega Barbara De Munari, aveva chiesto 6 anni. L'imputato è difeso dall'avv. Alberto Pellizzari. La figlia, che oggi ha 18 anni, non si è costituita parte civile.
Le violenze sono iniziate quando la piccola aveva 5 anni. Era il 2000; sono proseguite fino al febbraio dello scorso anno, quando sono intervenuti in casa i servizi sociali con l'ausilio delle forze dell'ordine. La ragazza, con il tempo, riuscì a raccontare e a ricostruire l'incubo vissuto in famiglia; un incubo che per lei, nel corso degli anni, era diventato la normalità. Il padre sfruttava la condizione di sudditanza in cui si trovava la figlia, oltre che l'oppressione psicologica, affinchè lei non lo denunciasse e non gli opponesse resistenza.
Negli anni dell'infanzia, il padre l'aveva costretta prima ai toccamenti, presentati come giochini; diventati poi palpeggiamenti reciproci, e infine rapporti sessuali completi fin da quando lei aveva 14 anni. Il sesso incestuoso avveniva nella camera da letto dei genitori, che il papà chiudeva a chiave, accompagnando gli abusi con espressioni triviali. Come se avesse a che fare con una prostituta, non con sua figlia. E anche le pratiche adottate fanno propendere per questa ipotesi.
L'imputato, quando ha iniziato a rendersi conto della gravità del suo comportamento, ha anche compreso di aver bisogno di essere curato. Ma per il giudice non era malato al punto da essere dichiarato incapace di intendere e di volere: sapeva benissimo cosa stava facendo e con chi, e sfogava i suoi più turpi istinti sessuali, animaleschi, con la donna più debole che aveva attorno.
La ragazza oggi si sta ricostruendo a fatica una vita. Abita in una struttura protetta, e non ha più rapporti stretti nè con il padre, ovviamente, ma neanche con il resto della famiglia. Dimenticare 13 anni di abusi è impossibile, ma sta cercando di superare gli innumerevoli traumi. Causati da chi doveva volerle bene.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Diego Neri

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