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Vicenza

In coma dal 2011
dopo un cesareo
Medici a giudizio

La donna è finita in coma dopo aver dato alla luce il figlio. ARCHIVIO
La donna è finita in coma dopo aver dato alla luce il figlio. ARCHIVIO
La donna è finita in coma dopo aver dato alla luce il figlio. ARCHIVIO
La donna è finita in coma dopo aver dato alla luce il figlio. ARCHIVIO

Lorena sognava quel bimbo, il suo primo figlio, ma ha potuto vederlo solo pochi istanti. Oggi Pietro ha 4 anni e mezzo e sta bene. La sua mamma è ospite di una struttura poco lontana da casa, a Ponso, nel Padovano. Da dopo il parto è in coma vegetativo. Non parla, non reagisce. I parenti mantengono le ingentissime spese. Per quel dramma, avvenuto il 2 giugno 2011 all’ospedale San Bortolo, il pubblico ministero Luigi Salvadori ha chiuso le indagini, citando a giudizio due medici: la dottoressa Francesca Panerai, 42 anni, di Vicenza, allora e oggi in servizio per il reparto di Ginecologia, e il collega Vito Cirillo, 63, di Abano, che lavorava in Rianimazione e adesso opera in Terapia intensiva a Noventa. I professionisti, assistiti dagli avv. Francesco Corrà e Piero Pignata, dovranno presentarsi in tribunale nei prossimi mesi per difendersi dall’accusa di lesioni gravissime e «insanabili». La famiglia di Lorena, 50 anni (ha come curatore l’avv. Rachele Nicolin), si costituirà parte civile con l’avv. Paola Rubini per chiedere i danni morali. Verrà infatti avviata un’azione civile per ottenere un risarcimento milionario, anche perchè l’assicurazione dell’Ulss 6 non ha mai versato un quattrino.

L’INTERVENTO. L’imprenditrice padovana aveva deciso di partorire al San Bortolo. Aveva 45 anni, attendeva il primo figlio, voluto, nato dall’amore con il marito. Una famiglia felice. La gravidanza era andata bene, Pietro sarebbe venuto al mondo alla quarantesima settimana. Al taglio cesareo era presente, come primo chirurgo, la dottoressa Panerai. L’intervento andò bene, il piccolo nacque sano e in forze. Una grande gioia per tutta la famiglia; che non vide però più la neomamma uscire dalla sala operatoria.

L’EMORRAGIA. Dopo l’intervento chirurgico, infatti, Lorena perse del sangue. In base a quanto ricostruito dalla procura, sulla scorta degli accertamenti dei propri consulenti, la ginecologa non si sarebbe preoccupata durante l’intervento di verificare il punto da cui la paziente perdeva sangue. Eppure la donna, per l’età e per alcuni problemi, doveva essere seguita con attenzione, contesta la procura. Panerai avrebbe atteso 20 minuti prima di chiudere «la parete addominale». E quindi non l’avrebbe «strettamente osservata», monitorandola, e non accorgendosi perciò che c’era un’emorragia in atto.

DOPO IL PARTO. Lorena iniziò a stare male un’ora e venti minuti dopo la conclusione del cesareo. Il dottor Cirillo è accusato di aver «limitato l’intervento terapeutico alla somministrazione di liquidi e di plasma», e di aver erroneamente interpretato il lieve miglioramento di alcuni valori come sintomo che il peggio era passato. Così non aveva più «strettamente osservato la paziente e le sue condizioni», di modo che non si era accorto, accusa la procura, della «perdita ematico in atto e la relativa origine».

IL DRAMMA. Cosa accadde? Che la grave emorragia post-partum determinò uno stato di «shock ipovolemico», che causò a sua volta un arresto cardiocircolatorio e le successive lesioni cerebrali. Da allora Lorena è un vegetale; le è stato asportato l’utero, ma comunque non si è più ripresa. La famiglia all’epoca sporse denuncia, e le indagini sono durate anni. Ora il magistrato ha ordinato il processo, individuando nei due professionisti i responsabili del dramma di una donna e dell’intera famiglia. Uno degli aspetti che hanno causato altro dolore e sofferenza nei parenti è quello che, nonostante i solleciti, la compagnia assicurativa non ha mai rimborsato un euro. E, per mantenere Lorena, che ha dovuto ovviamente lasciare la sua attività, servono cifre importanti ogni mese.

Diego Neri

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