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Vicenza

Crac BpVi chiesto
il processo
per gli ex vertici

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La sede dell’ex Banca popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin
La sede dell’ex Banca popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin
La sede dell’ex Banca popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin
La sede dell’ex Banca popolare di Vicenza in via Battaglione Framarin

VICENZA. «Gianni Zonin non può essere considerato un inconsapevole pensionato perché era perfettamente a conoscenza di quello che avveniva in banca. Ci sono elementi logici incontestabili che lo dimostrano. Ci sono i verbali delle sedute del consiglio di amministrazione dove il presidente parla come un economista navigato. Ci sono dirigenti che spiegano che si comportava come un amministratore delegato. Ci sono tanti suoi amici che hanno compiuto operazioni baciate». 

 

Il pubblico ministero Gianni Pipeschi, durante il suo intervento concluso con la richiesta di rinvio a giudizio per gli ex vertici di BpVi, formulata davanti al giudice Roberto Venditti nel corso dell’udienza preliminare di ieri sul crac della Popolare, ripercorre così la figura dell’ex deus ex machina della banca. Passando poi alle posizioni degli altri dirigenti: Massimiliano Pellegrini, l’ex direttore generale Andrea Piazzetta; gli altri ex vice direttori Emanuele Giustini e Paolo Marin; l’ex consigliere di amministrazione, Giuseppe Zigliotto, nonché la banca stessa. Per tutti le accuse sono di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza di Bankitalia e Consob e falso in prospetto. 

 

Prima di Pipeschi a prendere la parola era stato il suo collega, Luigi Salvadori spiegando come il fenomeno delle operazioni baciate, ovvero il finanziamento con le azioni proprie, che ha provocato un buco di 1 miliardo di euro a BpVi «era un fatto pacifico, acclarato. Senza quelle operazioni il mercato della banca si riduceva a un “mercatino”».
 

Matteo Bernardini

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