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Vive con le api fin da bambino «Temo il clima»

Franceschi e le sue api
Franceschi e le sue api
Franceschi e le sue api
Franceschi e le sue api

Un alveare in regalo a undici anni. È iniziato così l’amore di Michele Franceschi, guida naturalistica e apicoltore, per il mondo delle regine e delle operaie. A 49 anni, una laurea in scienze forestali e una specializzazione in economia dei paesi in via di sviluppo, ha 70 alveari distribuiti da Brogliano a Novale e si divide tra contrada Rossati, dove lavora nella sua fattoria didattica “Tiglio&Quercia”, e l’Africa dove guida i visitatori alla scoperta del turismo responsabile. Ma la passione vera è per le api e il loro mondo a cui si affaccia senza guanti, tuta e maschera perché «deve essere un incontro con loro - racconta Franceschi, mostrando le arnie vuote sotto il portico della casa dove ha sede il laboratorio -. Metto le protezioni, in particolare la maschera, solo quando capisco che sono agitate. Ho iniziato 38 anni fa a conoscerle e, all’inizio, era tutto semplice. Fino al 1987 quando tutto è cambiato con l’arrivo della varroa, un acaro che attacca le api e che ha trasformato un allevamento improvvisato, basato su tradizioni per cui ogni famiglia in vallata aveva un alveare senza sapere esattamente come trattarlo in un sistema strutturato. Questo acaro ha portato con sé anche tutti i rimedi chimici per combatterlo con le conseguenze peggiori per la salute delle api». Per Franceschi i trattamenti sono esclusivamente biologici e contro la varroa esiste solo l’acido ossalico: «Purtroppo questi insetti già stanno male. Le cause sono molte: dai cambiamenti climatici ai parassiti nuovi che le attaccano, fino ai trattamenti usati in agricoltura. Guardarsi intorno con gli occhi dell’apicoltore fa capire come sta il mondo. Ci si accorge che i prati non sono in buona salute. Oggi si prediligono le graminacee con semine e concimazioni e i tagli vengono fatti nei tempi sbagliati. La conseguenza è che sono spariti fiori come le margherite e i fiordalisi, indispensabili per le api». Ma di apicoltura si vive? «Io faccio due lavori sia per passione sia perché la produzione dipende da tante condizioni - spiega Franceschi, che fa parte dell’associazione regionale apicoltori -. Il raccolto più importante economicamente, che oscilla dai 12 ai 18 euro al chilo, è il miele d’acacia che si ottiene dalle robinie e che a causa delle stagioni più fredde è mancato negli ultimi tre anni. Se è una buona annata potenzialmente con 70 alveari potrei produrre 20 quintali compresi gli altri tipi, ma il condizionale è d’obbligo ormai». E il miele d’acacia apre solo l’anno. Dai primi tepori, inizia il via vai delle operaie che in un solo alveare possono essere da 20 a 80 mila, che porterà al laboratorio di contrada Rossati il miele millefiori primaverile e quello estivo, di castagno, di tiglio e la melata, ovvero la linfa elaborata dagli afidi delle piante. Come sarà quest’anno? «Si preannuncia male climaticamente e ad incombere c’è anche l’ultima minaccia, in ordine di tempo, ovvero la vespa asiatica che speriamo non arrivi qui - conclude Franceschi mentre mostra l’“asilo nido”, ovvero le arnie dove sta creando le nuove famiglie -. Manca poco perché inizi la stagione vera e propria: appena smette di piovere e la temperatura arriva a dieci gradi inizieranno a volare». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

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