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Profugo per amore rinasce “ciclista” per fare l’operaio

La bici, oltre al pullman, è il mezzo di trasporto per andare al lavoroRichiedenti asilo in un corso di lingua curato da “Studio Progetto”La cooperativa segue 21 uomini, 3 donne e 6 bambini.  FOTO MOLINARI
La bici, oltre al pullman, è il mezzo di trasporto per andare al lavoroRichiedenti asilo in un corso di lingua curato da “Studio Progetto”La cooperativa segue 21 uomini, 3 donne e 6 bambini. FOTO MOLINARI
La bici, oltre al pullman, è il mezzo di trasporto per andare al lavoroRichiedenti asilo in un corso di lingua curato da “Studio Progetto”La cooperativa segue 21 uomini, 3 donne e 6 bambini.  FOTO MOLINARI
La bici, oltre al pullman, è il mezzo di trasporto per andare al lavoroRichiedenti asilo in un corso di lingua curato da “Studio Progetto”La cooperativa segue 21 uomini, 3 donne e 6 bambini. FOTO MOLINARI

Salifou è scappato per amore. Nel suo Paese «un mussulmano non può sposare una cristiana». Si rischia grosso in Burkina Faso a mescolare le due religioni e, quando si ha la famiglia contro, l’unica alternativa è abbandonare la propria terra. Oggi Salifou ha 29 anni, quella ragazza cristiana è diventata sua moglie e la loro vita è arricchita da 3 figli. Ma per realizzare questo sogno, nel 2012, hanno dovuto superare i confini del Burkina Faso e rifugiarsi in Libia. Da lì nel 2016 hanno attraversato il Mediterraneo, raggiungendo la Sicilia. IL VIAGGIO. Ma tentare di far riemergere quei ricordi è difficile e alle domande gli occhi di Salifou si rattristano: «Siamo arrivati su una barca e subito siamo stati portati in un centro di smistamento. Poche ore dopo eravamo già in viaggio verso Sandrigo dove siamo rimasti per 4 mesi per poi essere trasferiti a Schio». Non si sofferma sui particolari nel suo racconto, perché il giovane padre vuole solo guardare avanti. Ed è parlando del presente che i suoi occhi tornano a sorridere. Racconta, ma un po’ si schermisce con pudore e non vuole farsi fotografare: «Da quando, ad ottobre 2017, sono arrivato in vallata ho trovato tutto. Con il passare dei mesi grazie alla cooperativa “Studio Progetto” ho imparato l’italiano, ho un lavoro e una casa a Recoaro dove vivo con la mia famiglia». L’ACCOGLIENZA. Salifou, infatti, a marzo dello scorso anno è entrato nel progetto Sprar, ovvero il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che è diventato Siproimi ovvero Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati che vede capofila Valdagno insieme a Recoaro ed è gestito dalla cooperativa cornedese. «Oggi seguiamo 30 persone: 19 giovani, 4 famiglie di cui due composte da mamma e bambino -spiega il coordinatore del progetto Alberto Rigon-. A questi si aggiungono i 19 ospiti con un programma in uscita, su 44 posti disponibili, del Centro accoglienza straordinaria. L’équipe multidisciplinare li accompagna in un percorso che dura sei mesi, con possibilità di proroghe in casi eccezionali, e che prevede corsi obbligatori di italiano, programmi individualizzati e corsi professionalizzanti. Attualmente con l’ex Sprar stiamo seguendo 21 uomini, 3 donne e 6 bambini e i risultati sono stati ottimi sia sotto il profilo dell’integrazione che della indipendenza conquistata». Alla fine del 2018 il 44% degli ospiti aveva trovato un lavoro stabile e il 10% di chi ha finito il percorso ha deciso di rimanere in vallata. OPERAIO “CICLISTA”. Tra chi ha trovato lavoro c’è Salifou. Dopo due tirocinii, un corso per magazziniere e uno per la concia, oggi lavora in un’azienda che si occupa di montaggio per macchine impastatrici. «Un tirocinio l’ho svolto a Montorso e per raggiungere la ditta ogni giorno partivo da Recoaro in bicicletta». Cento chilometri tra andata e ritorno. «Oggi sono più fortunato: con il pullman arrivo a Valdagno, poi cambio per Schio e da lì in bici vado a Santorso. Siamo partiti bene e sono felice, perché prima era molto difficile. Oggi “Studio Progetto” invece di darci il pesce ci ha insegnato a pescare». Ora Salifou spera di convertire il suo permesso umanitario in un permesso di lavoro e di trasferirsi a Schio. «Forse trovare casa è il passo più difficile, ma credo che funzionerà - conclude il giovane capofamiglia -. Tornare nel mio Paese? Un giorno mi piacerebbe per dimostrare ai miei genitori che ho fatto la scelta giusta e per far conoscere ai nostri figli le loro radici». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

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