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Boschi della valle in salute «Il rischio è l’abbandono»

Metà del territorio di Valdagno e Recoaro è coperta da boschi. VE.MO.
Metà del territorio di Valdagno e Recoaro è coperta da boschi. VE.MO.
Metà del territorio di Valdagno e Recoaro è coperta da boschi. VE.MO.
Metà del territorio di Valdagno e Recoaro è coperta da boschi. VE.MO.

Un territorio in salute, ma a rischio abbandono. A testimoniare lo stato di boschi e pascoli dell’alta valle sono Stefano Fontana, ex responsabile del settore agricoltura e foreste della Comunità montana “Agno Chiampo”e Fernando Manfron, per anni presidente dell’ente e oggi consigliere comunale delegato al territorio. Ma ancor di più a parlare è il convegno che nei giorni scorsi ha visto la città ospitare oltre 100 esperti tra agronomi e forestali. Di boschi, stando agli ultimi dati disponibili, ce ne sono 2.500 ettari a Valdagno pari al 50% della superficie e 3.050 nel territorio di Recoaro pari al 51%, mentre i prati e i pascoli coprono rispettivamente il 10% con 546 ettari e l’8% ovvero 491 ettari. «I maggiori problemi fitosanitari sino ad ora sono stati legati al castagno con il “cancro corticale” dovuto ad un fungo che ha gravemente danneggiato la castanicoltura locale e dal 2002 con la vespa proveniente dalla Cina che ha provocato gravi danni alla produzione del frutto -ha spiegato Fontana-. Attualmente dopo la lotta biologica, con il rilascio di un parassita, vi è un cauto ottimismo sul controllo della malattia. Una patologia che preoccupa oggi è la moria del frassino dovuta ad un fungo che dal Friuli non sappiamo ancora se è giunto anche nelle nostre valli». Un territorio ricco di specie, dall’orniello e roverella della bassa collina, al castagno e al carpino nero della media collina e bassa montagna fino al faggio nella zona montana che sale in quota con il pino mugo. E anche l’unica specie esotica, ovvero la robinia o “cassia” ormai comune, è utilizzata per produrre legna da ardere. Ma è la cura dei boschi a preoccupare: «La difficoltà di accesso e la parcellizzazione della proprietà porta all’abbandono, non risultando economicamente conveniente il taglio- ha aggiunto Fontana-. Il bosco non utilizzato presenta problemi dal punto di vista bio-ecologico e produttivo. In passato avevamo raggiunto un equilibrio che ora sta cedendo e non sappiamo bene dove ci porterà. La scomparsa delle Comunità montane, solo in parte sostituite dalle Unioni montane, ha bloccato molti progetti locali di valorizzazione delle produzioni forestali. Nel nostro territorio si erano iniziate esperienze sulla tartuficoltura, castanicoltura da frutto, produzione di legno pregiato, miglioramento della viabilità forestale, aree sperimentali per la valutazione delle modalità di intervento che attualmente non sono più supportate e che sarebbe importante riprendere in mano per lo sviluppo sostenibile del territorio». Ed è il consigliere Manfron ha sottolineare che bisogna cambiare il modo di pensare il territorio: «L’ambiente deve essere visto come potenzialità e non come problema. Occorre impegnare risorse in organismi che ne abbiano cura, che siano un riferimento per i privati che investono sul territorio. È necessario metterci le mani per garantire la sicurezza, evitando un abbandono che porta a frane e dissesti idrogeologici. E soprattutto supportare i tanti giovani che oggi sono disponibili a impegnarsi in attività di impresa che rivitalizzerebbe un’economia che nasce proprio dalla terra». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronica Molinari

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