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Salma senza pace lasciata all’obitorio da quasi tre mesi

Annalisa Pegoraro con le sue poche cose, senza dimora. BILLO
Annalisa Pegoraro con le sue poche cose, senza dimora. BILLO
Annalisa Pegoraro con le sue poche cose, senza dimora. BILLO
Annalisa Pegoraro con le sue poche cose, senza dimora. BILLO

Marco Billo Franco Pepe Da una parte un fratello che, a suon di esposti e querele, chiede un’autopsia giudiziaria sul corpo della sorella, dall’altra azienda sanitaria e procura che rilasciano il nulla osta per la sepoltura, ritenendo che la morte sia avvenuta per cause naturali. In mezzo la salma di Annalisa Pegoraro, 50 anni, che a quasi tre mesi dal decesso, avvenuto il 13 febbraio scorso al San Bortolo, attende ancora di essere sepolta. LA VICENDA. Quella di Annalisa Pegoraro è stata un’esistenza difficile. I suoi ultimi anni li ha trascorsi a Vicenza, senza fissa dimora. Proprio per questo viene indicata come residenza Thiene, in quanto città dove è nata, il 10 ottobre del 1967. La donna è morta la vigilia di San Valentino, al San Bortolo, dove era ricoverata da alcuni giorni, per gravi scompensi cardiaci. Ottenuto il nulla osta per la sepoltura, il fratello Alfredo, suo tutore da due anni, si è opposto, con una denuncia querela per omicidio colposo, datata 22 febbraio, in cui chiedeva l’autopsia per accertare le cause della morte. La procedura è stata quindi bloccata ma in seguito il sostituto procuratore Claudia Brunino ha concesso un secondo nulla osta, ritenendo d’intesa con l’azienda sanitaria che non ci fossero motivi per disporre l’autopsia. A questo il fratello ha risposto con un nuovo esposto. LA RICHIESTA. La battaglia di Alfredo Pegoraro che da inizio anno vive in Madagascar, parte da lontano quando nel 2016 è stato nominato tutore della sorella e si è attivato perché potesse essere seguita dai servizi sociali del Comune di Thiene. «Mia sorella - denuncia - invalida civile al cento per cento, è morta di stenti perché abbandonata a vita di strada, privata di un alloggio di emergenza, del cibo, di medicinali, di cure». E attacca il sindaco di Thiene, Gianni Casarotto, il direttore dei servizi sociali Massimo Sterchele e il segretario generale Luigi Alfidi per aver «ostinatamente rifiutato ogni assistenza richiesta da parte di mia sorella e mia in quanto tutore». Si rivolge pertanto alle autorità: «Prego tutte le autorità competenti di adoperarsi nei rispettivi ruoli affinché vengano fatte le indagini e puniti i responsabili per questi gravissimi fatti. Sconcertanti sono i numerosi tentativi di archiviazioni emessi dal Tribunale di Vicenza, sconcertante è anche il fatto che dai quattro mesi previsti in data 22/11/2016 per nuove indagini, il Giudice, ad oggi non abbia ancora concluso l’attività programmata». «Mia sorella - spiega Pegoraro - aveva una grave forma di insufficienza mentale, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani, non sapendo e non potendo prendere decisioni utili a proteggere la sua salute e dirigere la sua vita. In base alle sue capacità intellettive poteva essere paragonata a una bambina di 5 anni. Non doveva essere lasciata da sola. Chiedo che venga effettuata un’autopsia giudiziaria sul suo corpo per accertare i motivi della morte, che non sono stati assolutamente chiariti, e le condizioni di vita tragiche evidenti sul suo corpo che hanno anticipato il decesso. Senza tale perizia, si perderebbero le evidenti prove del reato di omicidio colposo». IL COMUNE. «Noi siamo sereni e convinti di aver fatto tutto quello che era nelle nostre possibilità - è la posizione del sindaco di Thiene, Gianni Casarotto -. Siamo stati interpellati tantissime volte dal fratello di Annalisa, a cui abbiamo sempre cercato di dare risposta, ferma restando la posizione della sorella, che non ha mai voluto accettare assistenza. Lui ci ha chiesto un’abitazione, ma dalle informazioni in nostro possesso è emerso che Annalisa non era in grado di vivere da sola. Abbiamo allora proposto di attivarci perché fosse accolta in una comunità, ma ha rifiutato anche quella dicendo: “se mi manderete in comunità io firmerò per uscire”. Se il fratello ha assunto l’impegno di essere il suo tutore, mi chiedo come possa averlo fatto vivendo lontano. Dov’era lui quando rifiutava ogni forma di aiuto e di assistenza che abbiamo proposto?». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Marco Billo Franco Pepe

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