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Il salesiano che in Perù vogliono santo

Padre Luigi Bolla fra i ragazzi dei villaggi peruviani, in uno degli ultimi scatti in cui appareIl missionario salesiano, più giovane, fra gli indios dell’Amazzonia
Padre Luigi Bolla fra i ragazzi dei villaggi peruviani, in uno degli ultimi scatti in cui appareIl missionario salesiano, più giovane, fra gli indios dell’Amazzonia
Padre Luigi Bolla fra i ragazzi dei villaggi peruviani, in uno degli ultimi scatti in cui appareIl missionario salesiano, più giovane, fra gli indios dell’Amazzonia
Padre Luigi Bolla fra i ragazzi dei villaggi peruviani, in uno degli ultimi scatti in cui appareIl missionario salesiano, più giovane, fra gli indios dell’Amazzonia

Due santi nel giro di una decina di metri o poco più. Già averne due, per Schio, significherebbe molto. Ma sapere che hanno vissuto per qualche anno una dirimpetto all’altro e che si sono persino conosciuti, rende via Fusinato, che ha dato pure i natali al poeta - patriota risorgimentale del “sul ponte sventola bandiera bianca” da cui prende il nome, una strada assai speciale. Se di santa Giuseppina Bakhita, ovvero la “suor moretta” dell’istituo canossiano, si sa tutto, meno si conosce la storia di padre Luigi Bolla, missionario salesiano nato a Schio nel 1932 e morto nel 2013 a Lima, conosciuto dal popolo “Achuar” come “Yankuam Jintia”. Ora i sessant’anni di vita missionaria sono raccontati nel libro di Vincenzo Santilli che sarà presentato mercoledì alle 20,30 al teatro dell’istituto salesiano di via Marconi, alla presenza dei nipoti Michele ed Elisabetta, che parteciparono al pellegrinaggio (così viene definito il rito funebre dello zio, apprezzato antropologo linguista oltre che religioso. Nell’oratorio in cui il religioso narrò di aver ricevuto la voce di Dio “che mi chiese di essere testimone del suo regno”, ci sarà anche mons. Lodovico Furian come rappresentante della diocesi, che ebbe modo di conoscerlo quando fu parroco di San Pietro. Oltre ad altri parenti rimasti in contatto con lui sino alla fine. Padre Luigi, definito da Pacual Chavez Villaneuva, rettor maggiore salesiano e nono successore di don Bosco, come “uno dei più grandi missionari di tutti i tempi della nostra congregazione”, è stato talmente amato dai popoli indigeni dell’Amazzonia, da essere da loro venerato come santo, tanto che da quelle parti si sta istruendo la pratica per la sua canonizzazione, nella diocesi peruviana in cui operava. Purtroppo la burocrazia vaticana, in questi casi, rallenta il procedimento ma in Sud America sono convinti che sarà santo. «È stato un grande innovatore - spiega Carlo Bolla, suo cugino. - Portava il Vangelo alle popolazioni amazzoniche che non ne avevano mai sentito parlare, comunicando con loro, usando i loro riti e simboli. Ha fatto breccia nei loro cuori». Padre Bolla è stato autore di numerose pubblicazioni, assai diffuse e studiate oltre oceano. Ora si occupa di lui Santilli, ispettore della congregazione salesiana in Perù e che nel libro fresco di stampa, in distribuzione gratuita grazie a numerosi sostegni finanziari (pronte 2 mila copie ma è prevedibile una ristampa veloce), racconta di Luigi bambino a Schio, dei suoi sogni, dlle sue aspirazioni, della sua missione: «Ho fatto conoscere agli Achiar la parola di Gesù, la sua Forza, Luce e Vita. Questa è la mia più grande gioia», disse. «Preghiamo che il processo canonico sia avviato, in modo che, riconoscendo i suoi meriti e le sue virtù, sia un giorno iscritto nella lista dei santi», scrive l’autore. Mercoledì, in teatro, ci sarà anche don Guido Poier, salesiano da tempo immemore nell’oratorio scledense, che con padre Luigi condivise gli studi a Verona e che potrà narrare aspetti inediti della gioventù , prima del suo lungo viaggio in terre lontane (fu consacrato sacerdote nel 1959 a Bogotà, capitale della Colombia, dove svolse gli studi teologici) , del missionario in odore di santità. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Mauro Sartori

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