<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Brendola

Lovato: «Solo
la maschera rende
davvero liberi»

L’artista Guerrino Lovato circondato da alcune delle creazioni della sua lunga carriera
L’artista Guerrino Lovato circondato da alcune delle creazioni della sua lunga carriera
L’artista Guerrino Lovato circondato da alcune delle creazioni della sua lunga carriera
L’artista Guerrino Lovato circondato da alcune delle creazioni della sua lunga carriera

C'è un filo rosso che unisce Brendola, Malo e Venezia. Un legame nel segno del Carnevale che si identifica nella figura di Guerrino Lovato. Il maestro mascheraio che per trent'anni ha lavorato a Venezia, creando maschere, ma anche sculture ed allestimenti, ha origini brendolane; sono stati invece i maladensi ad accogliere la sua bottega Mondonovo maschere, ora trasformata in museo a Palazzo Corielli, dopo la chiusura, avvenuta nel 2005.

LA SCELTA. «Ero diventato la qualità che trainava il mercato», racconta lo stesso Lovato additando i prodotti in stile “tutto a un euro”, come una delle cause che hanno portato alla conclusione un'esperienza magica e suggestiva. È difficile non individuare nell'avvento della plastica e delle cineserie gli ulteriori fattori di crisi per un sapere artigianale che va ormai scomparendo. «Ho chiuso anche a causa dei tagli ai finanziamenti ai teatri del 2005 – continua nel suo racconto Lovato –. Lavoravo molto per il teatro e l'opera e non volevo ridurmi a vendere un prodotto che non fosse mio». A quel punto si pose il problema di cosa fare delle numerose creazioni che riempivano il laboratorio assieme ai colori, ai pennelli e ai materiali per produrre i calchi e le maschere stesse. «Ho scelto di chiedere asilo per le mie opere a Malo, paese in cui mi ero recato per una conferenza sulla cartapesta – continua nel suo racconto Lovato –. Il paese ha accettato, dando vita ad un museo che oggi è aperto ai visitatori e anche alle scuole. Essendo Malo la città del Carnevale, tutto ciò aveva un senso. Sono contento che il museo sia a Malo, ci stimoliamo a vicenda». Dal capoluogo lagunare, sono arrivate 250 opere, 500 matrici, una biblioteca-archivio, strumenti di lavoro, oggetti e mobili antichi. Un'iniziativa portata a termine grazie all'opera dell'Istituzione culturale Villa Clementi, al tempo presieduta da Adriano Marchesini. Ma cosa rappresenta, il carnevale, per un artista come Guerrino Lovato, veneziano d'adozione e legato al mondo delle maschere? «Il carnevale ripartito a Venezia nel 1980 è stato un revival di quello legato al ciclo cristiano della vita e della produttività, era un mese di libertà controllata ma nuova, in cui la gente poteva mascherarsi – spiega l'artista –. Il revival degli Anni '80 a Venezia è stato un'idea geniale: bisognava uscire dagli Anni di piombo e tornare in piazza: fu un momento di grande euforia, in cui furono organizzati numerosi spettacoli di strada, un'iniziativa che metteva insieme età diverse, generazioni diverse. Nacquero botteghe di costumisti, fu un momento meraviglioso. Negli altri momenti dell'anno la gente va a divertirsi in luoghi chiusi e divisi per settore: il carnevale, invece, mette tutti assieme». Il carnevale come sinonimo di libertà, dunque, come un momento di festa collettiva nel quale ci si abbandona ad un'inebriante assenza di regole e dove la maschera svolge un ruolo fondamentale. Già, la maschera: quest'anno, per la prima volta, a Venezia, quanti si sono presentati in costume si sono visti costretti a toglierla, all'accesso per piazza San Marco, al fine di permettere i controlli da parte delle forze dell'ordine. La misura, destinata a far discutere, è stata decisa dopo gli attacchi terroristici del novembre scorso a Parigi. «Il grande dramma di Venezia è la quantità di gente che arriva per visitare la città – è l'opinione di Lovato –. Arrivano anche 150 mila persone al giorno. Non è stato un carnevale senza maschere: toglierla e rimetterla mi è sembrato il minimo della pena in una città così vulnerabile. L'ho trovata una cosa giustissima, che non ha rovinato niente del fascino della città. La gente era tutta d'accordo».

IL CARRISTA. Il legame con Malo rimane comunque sempre profondo per Lovato; d'altronde, si tratta del paese che ha accolto, ricostruendola, la fucina di idee nella quale egli ha operato per trent'anni. «I miei applausi alle compagnie di carristi maladensi, i quali si sacrificano, a partire da settembre, al freddo e al gelo, per fare spettacolo nel proprio paese – è l'elogio di Guerrino Lovato –. Sono sempre incantato dal mondo dei carristi, da questa idea che vede famiglie intere stare fuori tutte le sere per creare uno spettacolo senza avere nulla in cambio. Il carnevale a Malo, è tenuto in vita dalla sfida tra queste compagnie. Oggi non abbiamo bisogno di divertirci, durante il week end i giovani vanno in diversi posti, siamo fuori dall'antico regime, durante il quale lavoro e svago erano delimitati in modo molto stretto. Però la resistenza di questo paese a portare avanti il carnevale è da applaudire, rappresenta la tradizione di portare avanti un'idea». Anche Lovato, a suo modo, si sente un carrista, nell'accezione maladense del termine. «Le grandi tigri di Dalì, da me realizzate in occasione della mostra dedicata all'artista a Venezia, rappresentano un'opera di grandi dimensioni, sono come un mio carro», spiega, abbandonandosi anche ad una riflessione secondo la quale anche i cittadini immigrati potrebbero dare un contributo in tal senso. «In paese ci sono molti cingalesi e altri stranieri – sostiene –, i quali avrebbero molto da offrire e da insegnarci, su questo fronte, soprattutto i sikh indiani». Il maestro Lovato, che ogni anno assiste almeno ad una sfilata dei carri di Malo, lancia anche delle proposte per il paese. «Malo dovrebbe far nascere qualcos'altro intorno al mondo dei carri, come accade ad esempio a Viareggio – spiega –. I carristi di Viareggio sono venuti per due volte, nei mesi scorsi, a visitare il museo Mondonovo maschere. Molti di loro sono carristi professionisti, mentre per quelli maladensi non è così. Anche a Malo si potrebbe dare a questa attività una dimensione più professionale. In ogni caso, per i bambini, per la gente che ha ancora la fantasia fresca, i carri sono una meraviglia infinita. Durante le sfilate si vedono queste creazioni colossali passare per le vie: la parola “meraviglia” è quella più adatta».

Matteo Carollo

Suggerimenti