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«I nostri bambini non mentivano»

La scuola materna Don Bosco dove la maestra finita a giudizio insegnava fino a qualche tempo fa
La scuola materna Don Bosco dove la maestra finita a giudizio insegnava fino a qualche tempo fa
La scuola materna Don Bosco dove la maestra finita a giudizio insegnava fino a qualche tempo fa
La scuola materna Don Bosco dove la maestra finita a giudizio insegnava fino a qualche tempo fa

«I nostri bambini avevano ragione, noi genitori avevamo ragione. L'improvvisa paura nell'andare a scuola, la pipì addosso alla vista della maestra, le mani sulla faccia per difendersi se venivano rimproverati. Non raccontavano bugie come qualcuno sosteneva. È stata dura ma ora sappiamo che quella intrapresa era la strada giusta da percorrere». Una strada, quella cui si riferisce Katia Fantin, rappresentante di classe e mamma di uno dei piccoli alunni della materna Don Bosco dove insegnava la maestra Milangela Elin Gabrielletto Alzarez Baù, lastricata di polemiche e scontri. Soprattutto con quelle famiglie che, a dispetto delle 8 che hanno deciso di costituirsi parte civile nel processo contro la maestra accusata di abuso di mezzi di correzione, non hanno mai creduto a quanto denunciato all'inizio del 2016 da mamma Katia. E cioè che l'insegnante, che si trovava al comprensivo di Monticello Conte Otto solo dal settembre 2015, potesse aver avuto modi e metodi maneschi e aggressivi nei confronti dei bimbi di 4 e 5 anni che seguiva. «Alcuni genitori hanno remato contro, ci dicevano che eravamo noi a non dare le attenzioni necessarie ai bambini e che stavamo rovinando senza motivo la carriera di una persona», ripercorre la signora Fantin. Secondo la donna, che con altri 4 genitori è ora assistita dall'associazione “La Via dei Colori”, atteggiamenti e comportamenti dei figlioletti valevano più dei filmati delle telecamere poi installate dalla polizia nelle aule: «Qualcuno si faceva la pipì addosso alla vista della maestra -ricorda Fantin- avevano paure immotivate, altri lamentavano mal di pancia appena arrivati a scuola, molti rifiutavano di mangiare. Ancora, andavano spaventati a prendere la scopa nello sgabuzzino se facevano qualche briciola e, se sgridati, mettevano inspiegabilmente le mani sulla faccia per difendersi». Reazioni, per l'accusa, conseguenti ad un clima di terrore instaurato a suon di umiliazioni, strattoni, sculacciate, castighi e costrizioni alimentari e che, alla chiusura delle indagini, hanno portato alla richiesta di giudizio per la dipendente 47enne, che ha sempre negato i fatti e le circostanze contestati. Ad attendere l'esito processuale, «per ora non abbiamo ancora ricevuto avvisi dalla procura» è naturalmente la scuola, che fin dall'inizio si era attivata per dare supporto alle famiglie. «Quando abbiamo ricevuto le prime segnalazioni nel gennaio 2016 -spiega la dirigente scolastica Simonetta Bertarelli- abbiamo immediatamente affiancato alla maestra una seconda insegnante, fino al suo trasferimento in un altro istituto nel Vicentino». Gabrielletto Alzarez Baù era una new entry nel comprensivo monticellese, in forze solo dall'inizio dell'anno scolastico e dunque i presunti abusi sarebbero avvenuti tra settembre e dicembre 2015, prima delle vacanze di Natale. «Tutto ciò che si poteva fare -conclude la preside- è stato fatto»: compreso, non meno facile, cercare di mantenere un equilibrio tra accusatori e difensori di quello che, per questi ultimi, non era altro che un modello educativo, tutt'al più autoritario ma non violento. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giulia Armeni

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