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Le notti degli “invisibili” nell’atrio dell’ospedale: «Cerchiamo dignità»

Serafino e la madre Luciana hanno trascorso  notti in sala d’attesaUna donna ha improvvisato un giaciglio su un paio di poltroncine: per cuscino una borsa FOTO  CECCON
Serafino e la madre Luciana hanno trascorso notti in sala d’attesaUna donna ha improvvisato un giaciglio su un paio di poltroncine: per cuscino una borsa FOTO CECCON
Serafino e la madre Luciana hanno trascorso  notti in sala d’attesaUna donna ha improvvisato un giaciglio su un paio di poltroncine: per cuscino una borsa FOTO  CECCON
Serafino e la madre Luciana hanno trascorso notti in sala d’attesaUna donna ha improvvisato un giaciglio su un paio di poltroncine: per cuscino una borsa FOTO CECCON

Invisibili. Pareva che quello dei senzatetto anche italiani, uomini, donne, anziani in difficoltà, fosse un problema che riguardava solo le grandi città. Ma non ne è immune Bassano, nonostante la sua rete di assistenza sociale e le sue parrocchie. Nel sistema c’è una falla: un crepaccio, nel quale ogni anno cadono decine di persone, e molte di queste sono italiane. Alcuni vanno a mangiare dai frati, perché lì un pasto caldo a pranzo lo trovano sempre, e quello che avanza glielo fanno portare via per la cena; poi però tutti vanno a dormire in giro, perché Comune e parrocchie non sempre riescono ad aiutarli. Ma capita anche che essi stessi si convincano erroneamente che non ci sia posto per loro. IL RIFUGIO. Molti vanno a passare la notte al pianterreno del San Bassiano, sulle panchine proprio all’ingresso, dove può capitare che qualche paziente di passaggio ogni tanto offra loro una cioccolata calda presa alle macchinette, una coperta per ammorbidire gli spigoli delle sedute in ferro, o anche solo uno sguardo per impedire che durante il sonno si soffochino con i sacchetti in plastica in cui alcuni si avvolgono. Sono presenze discrete, che a volte si mescolano agli utenti in attesa al Pronto soccorso e passano tranquilli qualche ora. MADRE E FIGLIO. Sono le 23 passate. Bisogna fare parecchia attenzione per notare tra i pazienti non urgenti, seduti ad aspettare il loro turno, due persone dall’aspetto distinto e pacifico: Serafino, solagnese di 56 anni, ex frigorista, rimasto senza lavoro mesi fa, impegnato a leggere una rivista; mentre la madre Luciana, pensionata bassanese di 82 anni, gli dorme accanto, seduta con la testa sulle ginocchia. Un cartoccio di ossa e artrite avvolto in un golfino rosa ricamato all’uncinetto, che anche nel torpore della notte e dell’età riesce nella dignità di stare ben attenta a non occupare nemmeno un centimetro in più dello spazio di una sedia. Così da attrarre meno sguardi possibili. Da sembrare “normali”. «Siamo qui da quattro o cinque giorni - spiega Serafino -, abbiamo girato tutta Bassano alla ricerca di un alloggio, ma non ce ne sono. A casa San Francesco era sempre tutto pieno. Anche all’ostello non c’era posto, forse ci sarà nei prossimi giorni, abbiamo anche chiesto ai frati e a qualche parrocchia ma niente. Nemmeno il prete dell’ospedale ha potuto fare nulla per noi. Stiamo aspettando che si liberi l’appartamento che dovremmo prendere in affitto. Viviamo con la misera pensione di mia madre, non possiamo sperperare denaro. Dovrebbero mancare pochi giorni, nel frattempo teniamo duro. E’ una situazione in cui non sarei mai voluto trovarmi, mi fa male occuparmi di mia mamma in questo modo, ma non so cos’altro fare». LA BADANTE. Poi c’è Mariarosa, badante di 56 anni, che dorme molte sedie più in là, proprio all’ingresso. E’ in Italia da 30 anni, qui ha allevato entrambi i figli, che adesso sono tornati in Romania, dove fanno i camionisti. «Sono senza lavoro da più di un anno - spiega -, mi vergogno a chiedere aiuto ai miei figli, hanno anche dei bimbi piccoli, non devono avere sulle spalle pure il pensiero di una mamma in difficoltà. Li sento tutti i giorni e dico che qui va tutto bene. Loro mi credono, perché sono cresciuti in Italia, grazie al sudore del mio lavoro. Quando c’era la lira stavamo davvero bene, con l’euro è stata la disfatta. Dormo all’ospedale in attesa di trovare un altro posto da badante. Sono stata all’ostello per diversi mesi, poi ho finito i soldi. Mi vergogno a chiedere aiuto, ma sono tre giorni che non mangio nulla. Oggi al bar mi hanno dato dei grissini, almeno mi sono un po’ tappata lo stomaco. Vorrei solo un lavoro, non essere un peso, dormire in una casa, pagare un affitto, comprare un giocattolo ai miei nipotini. Vorrei tornare ad essere una persona». «NON TRADITECI». A qualche sedia di distanza dorme una donna sulla cinquantina. Anche lei passa le notti nell’androne, e adesso teme che questo possa cambiare: «Cosa volete da me? - tuona indispettita - Cosa siete venuti a fare qui, perché ci volete denunciare? Fatevi i fatti vostri! Lasciatemi in pace. Non c’è proprio niente da raccontare». Magari ha ragione, magari queste persone hanno solo scelto di aspettare una casa, un lavoro, una possibilità senza voler essere - o sentirsi - di peso. E non è colpa di nessuno. Oppure è il contrario. Il loro rifugiarsi al di fuori delle strutture deputate ad accoglierli potrebbe essere la più tormentata delle richieste d’aiuto. •

Francesca Cavedagna

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