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La guerra del part-time 53 infermieri all’attacco Ulss battuta in tribunale

Il San Bassiano, sede  della direzione generale dell’Ulss 7 Pedemontana Nella foto d’archivio, infermiere in una corsia del San Bassiano
Il San Bassiano, sede della direzione generale dell’Ulss 7 Pedemontana Nella foto d’archivio, infermiere in una corsia del San Bassiano
Il San Bassiano, sede  della direzione generale dell’Ulss 7 Pedemontana Nella foto d’archivio, infermiere in una corsia del San Bassiano
Il San Bassiano, sede della direzione generale dell’Ulss 7 Pedemontana Nella foto d’archivio, infermiere in una corsia del San Bassiano

Diego Neri Gli infermieri battono l’Ulss nella guerra del part-time. Ne hanno diritto, e continueranno a lavorare a tempo parziale, stando alla sentenza del tribunale del lavoro di Vicenza, che ha accolto il ricorso di 53 dipendenti dell’ex Azienda sanitaria 3 di Bassano. Che deve pagare più di 20 mila euro di spese legali. IL FENOMENO. Fino al 2008, per legge stabiliva i dipendenti pubblici che chiedevano di passare dal tempo pieno al part-time ne avessero diritto in automatico; al limite, per serie ragioni organizzative, dovevano aspettare al massimo 6 mesi. Poi - dal 2010 -, è scomparso l’automatismo; l’amministrazione può concedere il part-time, ma anche negarlo. Fino al 2008, all’Ulss di Bassano era stato concesso a 484 dipendenti («un numero incredibilmente alto», annota il giudice); cosicché, entrata in vigore la norma che dava la possibilità di revocarlo, a certe condizioni, l’Ulss nel maggio 2011, con la deliberazione dell’allora direttore generale Valerio Alberti, aveva revocato unilateralmente tutti i part-time, imponendo il ritorno al tempo pieno. Un provvedimento che venne differito più volte: in base all’ultima, per scattare nel settembre prossimo. IL RICORSO. 53 infermieri non hanno accettato l’imposizione e hanno presentato ricorso; con gli avv. Alberto Righi e Aldo Campesan, lo hanno vinto davanti al giudice Paolo Talamo, che ha dato loro ragione, rigettando la posizione dell’ex Ulss 3 (avv. Francesco e Paola Rossi). GLI INFERMIERI. A rivolgersi al giudice erano stati Rossella Artuso, Cristina Battaglia, Samuela Battocchio, Tiziana Bergamo, Patrizia Bernardi, Maria Vittoria Bonaldi, Daniela Bontorin, Paola Bordignon, Nadia Borsato, Laura Bragagnolo, Sabina Buosi, Valeria Cavalli, Jessica Civiero, Paola Costa, Lara Dal Bianco, Stefania Dal Prà, Lucia Demo, Francesca Didonè, Marilisa Farresin, Francesca Favretto, Chiara Farronato, Alessandra Fraccaro, Manuela e Susanna Frigo, Emanuela Gamba, Giuseppina Giannini, Renata Manuali, Silvia Marcon, Rosa Minuzzo, Chiara Nardotto, Annarita Parise, Lorena Pellizzer, Agnese Peroni, Gloria Pizzato, Chiara Pontarollo, Chiara Pozza, Silvia Predebon, Chiara Purgato, Patrizia Rizzotto, Monica Sartor, Erika Sartori, Ornella Scomazzon, Francesco Settin, Giovannamaria Sonda, Claudia Stella, Ivana Tellatin, Sabina Toaldo, Catia Toniato, Laura Trento, Elisabetta Vangelista, Loretta Vanin, Daniela Vigo e Maria Raffaella Zonta. LA DECISIONE. Il giudice ha ricordato come la legge che consentiva la revoca indicasse la condizione che la direzione indicasse i motivi organizzativi per i quali costringeva i dipendenti a tornare a tempo pieno. In questo caso non lo ha fatto, e ha lasciato passare anni; il che significa che non ne aveva bisogno. «L’Ulss non ha chiarito - scrive nella sentenza -, con riferimento alle singole posizioni, quali siano le concrete ragioni di incompatibilità fra part-time e modello gestorio adottato, e quindi quale sia il pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione arrecato dal massiccio ricorso al part-time. Neppure... quale sia il modello gestorio adottato dall’amministrazione». Ulss condannata, i 53 infermieri restano a part-time. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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