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Difendono una donna «Aggrediti e picchiati nel tunnel della stazione»

«Ho tentato di difendere una donna in difficoltà, brutalmente aggredita da un africano mentre aveva in braccio il suo piccolo di pochi mesi. In risposta io e il mio compagno siamo stati inseguiti, picchiati e minacciati da quell’uomo di colore. Le ferite riportate ci hanno costretto ad andare al pronto soccorso. E’ successo tutto poco dopo le 22 della sera di Natale, nel sottopasso della stazione ferroviaria. Non è accettabile che in una città come Bassano il livello della sicurezza sia ridotto in questo modo; non è accettabile essere pestati solo perché si cerca di ristabilire un livello di civiltà decente. Forse certe culture considerano più che normale maltrattare le donne: qui è un reato e io mi rifiuto di far finta di niente». A parlare è Marina Gidoni, bassanese di 57 anni, operatrice sanitaria, vittima insieme al compagno Paolo, secondo il suo racconto, di un’aggressione avvenuta la sera di Natale in stazione dei treni. «Eravamo tornati dalla nostra gita settimanale a Venezia - racconta la donna - Ho una disabilità motoria de 67 per cento. Per questo, una volta scesi dal treno, Paolo mi ha lasciata sola per precedermi al parcheggio e avvicinare l’auto alla rampa delle scale che portano al sottopasso ferroviario: voleva farmi affaticare il meno possibile». Erano circa le 22. La donna è scesa lentamente nel tunnel pedonale, dove ha assistito a una scena drammatica: «Ho visto un uomo di colore che stava aggredendo verbalmente e strattonando una donna, immagino la sua compagna, che teneva in braccio un bimbo di pochi mesi. Lei era palesemente spaventata. Ho reagito d’istinto, dicendo a quell’uomo di stare calmo, di abbassare i toni e che qui le donne non si trattano così». «A quel punto - prosegue la donna - lui si è girato di scatto verso di me e la donna mi ha urlato di correre via. Ho tentato di farlo il più velocemente possibile, ma il mio aggressore mi ha raggiunto in pochi metri, ha strattonato anche me. Sono caduta sulle scale, mi sono raggomitolata, allora lui ha iniziato a prendermi a calci, proprio sulla gamba disabile. Ricordo solo di aver iniziato ad urlare, pregando che Paolo mi sentisse». Così è stato. Il compagno, che ormai aveva raggiunto l’auto nel parcheggio dietro la stazione, è corso in suo aiuto: «Ho fatto solo la prima rampa di scale - racconta il bassanese -, appena girato l’angolo sono stato atterrato da un violento pugno al volto, a cui ne sono seguiti altri. Non ho fatto in tempo a difendermi». La Gidoni nel frattempo ha dato l’allarme al 113, poi ha urlato che stava arrivando la polizia. «Ho detto a Marina di correre in auto - prosegue Paolo - l’extracomunitario nel frattempo è stato raggiunto da due connazionali: non si calmava continuava a dirmi che mi avrebbe ucciso. Sembrava indemoniato». I due bassanesi sono riusciti a raggiungere la loro auto e a chiudersi dentro fino all’arrivo della polizia: «Quell’uomo e i suoi compari hanno spinto la donna col bambino in auto, poi sono fuggiti. Gli agenti, arrivati poco dopo, ci hanno detto di andare all’ospedale: io avevo il labbro rotto, il viso insanguinato, la mia compagna era dolorante». Oggi la coppia sporgerà denuncia al Commissariato, che ha comunque già avviato le indagini. Saranno esaminate anche le immagini delle telecamere. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesca Cavedagna

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