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Scappò con il figlio la famiglia lo aiutò È tutto prescritto

Belo Horizonte, città dello stato di Minas Gerais, in BrasileEnrico Chilese. FOTO  ARCHIVIO
Belo Horizonte, città dello stato di Minas Gerais, in BrasileEnrico Chilese. FOTO ARCHIVIO
Belo Horizonte, città dello stato di Minas Gerais, in BrasileEnrico Chilese. FOTO  ARCHIVIO
Belo Horizonte, città dello stato di Minas Gerais, in BrasileEnrico Chilese. FOTO ARCHIVIO

Diego Neri Sei anni fa erano stati condannati a 8 mesi di reclusione, sospesi, per aver collaborato nella sottrazione internazionale di minorenne Ora, visto il tempo trascorso, la Corte d’appello presieduta da Antonella Galli ha prosciolto tutti per prescrizione. Pertanto, di quel dramma che tenne con il fiato sospeso molte persone, rimane solo la pena patteggiata dal principale protagonista, Enrico Chilese, che aveva patteggiato 11 mesi di reclusione (condonati) per aver portato in Brasile il suo figlioletto, strappandolo dall’affetto della mamma. La famiglia Chilese, di Arzignano, fu al centro di una vicenda di cronaca che aveva fatto molto discutere. Enrico, oggi 49 anni, di Arzignano, via Monte Adamello, aveva portato via il figlioletto, trattenendolo con sè nello Stato di Minas Gerais per quasi due anni prima di essere raggiunto e arrestato dall’Interpol con i carabinieri della procura di Vicenza, presenti con il brigadiere Fabrizio Cannata. Ad essere condannati furono i suoi genitori Armando e Maria Priante, rispettivamente di 78 e 74 anni, la zia Anna Maria Chilese di 80, e il marocchino Abdelaziz Ait Lamkadem, di 40 anni, di Salizzole. Dovevano tutti pagare 6 mila euro di provvisionale alla parte civile Arianna, la mamma del bimbo, che si era costituita con l’avv. Rosanna Pasqualini. Ora tutti gli imputati, assistiti dall’avv. Francesco Barilà, hanno risarcito il dovuto chiudendo la partita con la vittima. Dalla fine del 2003, quando lo portò con sè in Brasile, fino all’agosto 2005, Enrico trattenne con sè il figlioletto portandolo via alla madre. Chilese trascorse quasi due anni in carcere in Brasile prima di essere estradato. In aula era emerso che il padre lasciava il figlioletto in casa, senza possibilità di andare a scuola, anche quando andava al bar a divertirsi con gli amici; lui ha sempre ribattuto che temeva che qualcosa potesse succedere al figlio, per questo lo tenne con sè. Per vivere all’estero, secondo l’accusa, Chilese aveva beneficiato dell’aiuto degli altri imputati in vari modi: fax, telefonate, ricariche. La difesa sosteneva invece che i parenti non sapevano che stavano commettendo un reato. «È già un successo vedere cadere l’accusa del sequestro di persona», aveva commentato al termine dell’udienza l’avv. Barilà, ricordando l’originaria imputazione formulata dalla procura. Gli imputati avevano tutti presentato ricorso in Appello, per far valere le loro ragioni, ma il fascicolo ha atteso per più di sei anni prima che gli imputati potessero tornare in aula, anche in virtù di un’impugnazione della procura che poi l’ha ritirata. E quindi, a distanza di 12 anni dall’arresto, e di 14 dalla fuga, il tempo ha cancellato ogni reato. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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