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Se il Piave torna a mormorare

Almeno Guareschi aveva scelto con arguzia i suoi protagonisti: il Peppone comunista mangia-bambini e il don Camillo salvatore di pecorelle smarrite; falce e martello contro rosario e acquasanta. Altro che a Monteviale, dove quelli che si prendono a sberle sono sempre andati a braccetto, sventolano lo stesso tricolore, celebrano entrambi trincee e il Piave che mormora benedicendo dai megafoni di piazza le istituzioni. Loro che istituzioni lo sono, vuoi per riconoscimento giuridico o per meriti sul campo, guerre, impegno civile o semplicemente per simpatia di popolo. Eppure le due storie qualcosa in comune ce l’hanno; almeno dove riflettono vizi e virtù fusi nel dna degli italiani. A Monteviale era stato fatto tutto bene per l'utilizzo della sede alpina: una convenzione su foglio protocollo, timbri e stilografiche per le firme, salvo poi dimenticarsi di sottoscrivere l'accordo successivo che rende valide quelle regole. Un pasticcio all'italiana, forse perché nessuna delle due parti in causa avrebbe mai immaginato che un giorno si sarebbero fatte la guerra. Un patto tacito fra galantuomini ritenuto efficace quanto le carte bollate. Il risultato è quello di questi giorni, con un matrimonio naufragato e la parola agli avvocati. Stavolta più che davanti ai monumenti ci si troverà nelle aule di tribunale. E il Piave quest'anno mormorerà moltissimo. •

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