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La signora delle rose nel giardino magico

Anna cerca di trasmettere la passione alla sua nipotinaIl roseto realizzato da Anna Sgarabotto è considerato un punto di riferimento per cultori di tutto il mondo: la sdua collazione è composta da 1.600 varietà di cui 70 “madri” Altri esemplari  che si trovano a “La Campanella”. FOTOSERVIZIO GREGOLIN
Anna cerca di trasmettere la passione alla sua nipotinaIl roseto realizzato da Anna Sgarabotto è considerato un punto di riferimento per cultori di tutto il mondo: la sdua collazione è composta da 1.600 varietà di cui 70 “madri” Altri esemplari che si trovano a “La Campanella”. FOTOSERVIZIO GREGOLIN
Anna cerca di trasmettere la passione alla sua nipotinaIl roseto realizzato da Anna Sgarabotto è considerato un punto di riferimento per cultori di tutto il mondo: la sdua collazione è composta da 1.600 varietà di cui 70 “madri” Altri esemplari  che si trovano a “La Campanella”. FOTOSERVIZIO GREGOLIN
Anna cerca di trasmettere la passione alla sua nipotinaIl roseto realizzato da Anna Sgarabotto è considerato un punto di riferimento per cultori di tutto il mondo: la sdua collazione è composta da 1.600 varietà di cui 70 “madri” Altri esemplari che si trovano a “La Campanella”. FOTOSERVIZIO GREGOLIN

Un sogno diventato un mestiere d’eccellenza per una piccola e tenace donna che ha fatto del suo giardino di rose antiche, un riferimento internazionale, dove ogni primavera è un tripudio di bellezza e profumo. Un giardino poco segreto, senza una vera recinzione perché sono le rose a recintare il roseto. Tutt’intorno campi coltivati tra gli Euganei e i Berici, al confine fra Montegaldella e Cervarese S. Croce e le province di Vicenza e Padova. «Qui e solo qui, davanti alla vecchia casa di famiglia in campagna - dove Anna Sgarabotto, 55 anni, è cresciuta a pane e fiori -, volevo realizzare il mio sogno». Così da trent’anni quello che per tutti è un vivaio, per la sua fondatrice resta il “giardino del cuore”, dove tutto ha sapore di antico, naturale e arcano. Il nome “La Campanella” ai profani di rose antiche fa immaginare poco, mentre primeggia tra i più blasonati cataloghi specializzati. Per i cultori di rarità botaniche, se in Italia dovesse esserci una “regina delle rose”, la corona andrebbe alla passionaria Anna, ricercatrice e produttrice tra le più stimate d’Europa. Una donna che ha concesso poco al commercio: «Da me non troverete mai una rosa come il mercato vuole». Le rose qui sono semplicemente rose, al limite dell’archeologia botanica, tanto che le “antichità” esposte sono tutte vive e vegete, pur somigliando a reperti museali. «Ma se volete paragonarmi a una rosa, non dite che sono una dal gambo lungo e fiore imbalsamato. Ho un carattere da rosa selvatica, da “Censiana damascena” la mia preferita: spinosa, cespugliosa, dal fiore semplice ma profumato». Così si scivola dentro la più importante collezione d’Italia: un luogo da intenditori, lontanissimo dallo stereotipo di garden. Qui Anna accoglie cliente di ogni dove: esperti, collezionisti, botanici e fotografi internazionali come Angelo, fotoreporter milanese che lavora per le più prestigiose riviste botaniche d’Europa, intento a immortalare le nuove fioriture per un libro a tema. Stefano è un collezionista di Riva del Garda che si fregia di coltivare oltre 450 varietà di rose. «Siamo nel paradiso di chi ama le rose – afferma -, e Anna è garanzia di serietà». Sir Chales e lady Odette sono inglesi, in autentica contemplazione di boccioli e fiori. Delle 220 rose selvatiche del mondo, 20 quelle italiane, considerate le madri di tutte le rose giunte ai nostri giorni, Anna ne coltiva una settantina, che fanno da cornice alle oltre 1600 varietà di cui è composta la collezione. Alcune talmente rare da essere strappate all’estinzione: «Se molte rose sono state perse – afferma Anna -, la colpa è della moda, quella che dal 1792 con l’arrivo delle prime rose cinesi rifiorenti, ne ha stravolto il gusto estetico ed ecologico. Oggi che tutto è patinato e stereotipato, con le rose a stelo lungo prodotte in Perù, Kenya o Sudafrica, stiamo perdendo la biodiversità di questo meraviglioso fiore e della sua arcaica memoria». Quale sia la sorgente di tanta passione, lo si scopre quando Anna racconta con velo di timidezza e tristezza come sia arrivata alle rose: «Persi prematuramente un fratello e per superare il dolore mi tuffai nel lavoro. Allora mi occupavo dell’attività agricola di famiglia con in tasca un diploma da perito agrario. Decisi di cambiar vita, partecipando a un concorso per l’abilitazione all’insegnamento, ma in me cresceva il desiderio di fare qualcosa di diverso nella mia terra. A ispirami, fu un vecchio giardiniere che mi ha insegnato i segreti e l’amore per coltivare le rose e il sogno è diventato realtà». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Antonio Gregolin

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