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«Così difendo i Berici dai vandalismi»

Luigino Nardon, 67 anni, mentre taglia tronchi in un bosco dei Berici
Luigino Nardon, 67 anni, mentre taglia tronchi in un bosco dei Berici
Luigino Nardon, 67 anni, mentre taglia tronchi in un bosco dei Berici
Luigino Nardon, 67 anni, mentre taglia tronchi in un bosco dei Berici

È l’esploratore deluso, “l’Orzowei dei Berici” come lo chiamano gli amici. Un maratoneta che in gioventù si allenava lungo la dorsale dei Berici, andando e tornando di corsa ogni giorno da S. Giovanni in Monte fino ai Ferrovieri, alle porte di Vicenza, dove lavorava come ferroviere. Ma è anche il grande tracciatore di sentieri, un custode della memoria storica di Barbarano. Luigino Nardon, che oggi di anni ne ha 67, è un “custode” di ciò che lui chiama «il nostro bene più prezioso: il territorio». Chi lo conosce, sa che non c’è palmo dei Berici che lui non abbia “tracciato, marcato o esplorato”, inclusa una grotta abitata dall’uomo primitivo. A Barbarano, i sentieri 77, 79, 75 e 73 portano la sua firma, compresa la tracciatura di alcuni percorsi sulle terre alte di Villaga, Mossano e Sossano. Ecco perché a volergli dare un titolo, Luigino Nardon è “l’uomo del territorio”: «Conosco questi Colli (oggi vive sulle alture di Barbarano, ndr) come pochi altri». Una punta d’orgoglio che gli vale il merito d’essere una “sentinella” dei grandi cambiamenti culturali, ambientali e turistici di quella che lui chiama «terra mia». «Un po’ selvaggio è rimasto ancora oggi – bisbiglia la moglie Emanuela -, ma quando lo conobbi in una delle sue tante maratone, fu proprio questa sua indole a colpirmi. Luigino è uno che non sta mai fermo e sente la libertà come una conquista che forse è la base di questo suo attaccamento ai Colli». Una libertà che Luigino dichiara di essersi conquistato coi denti fin da bambino, quando all’età di cinque anni, lo mandavano da solo nei boschi a pascolare pecore, capre e vacche. Forte della sua memoria granitica, Luigino custodisce nella sua testa un archivio topografico da far invidia: «Ho imparato a conoscere il mio territorio, prima andando al pascolo, poi correndo e oggi camminando». «Colli che ho visto mutare profondamente negli anni: per molti anni i Berici si sono spopolati, perché chi viveva quassù andava a trovar fortuna altrove. Oggi chi torna sono i figli che hanno ereditato le vecchie case dei padri, per ristrutturarle. I Colli poi, da luoghi selvaggi sono diventati sempre più territorio di sport e divertimento». Agli inizi lo furono per i camminatori, poi per le moto e oggi sono l’isola felice dei bikers, che turbano colui che è stato tra i quattro pionieri di quella che è diventata l’Alta via: «Io con Giuseppe Baruffato, Lucio Penzo e Antonio Dal Lago fummo i primi a tracciare prima sulla carta e poi lungo i sentieri l’Alta via. Quel tracciato che è stato snaturato nello spirito come dall’idea originale da una serie di eventi e mutamenti, al punto da farlo diventare da sentiero pedonale a pista ciclabile dai mille problemi», afferma costernato Luigino. «Mi fa tristezza vedere quanto è accaduto all’Alta Via. Tristezza quando vedo che i tracciati hanno violato e ignorato le proprietà private. Che i deprecabili atti vandalici sono un riflesso di una politica che ha escluso dal progetto gli stessi abitanti dei Colli». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Antonio Gregolin

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